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Strage di imprese a Roma: chiusi 4400 bar e ristoranti. Posti di lavoro in fumo tra rincari e Covid

Damiana Verucci
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Chiusure, riaperture a singhiozzo, restrizioni di diverso genere e calo dei consumi: la ristorazione romana perde negli ultimi due anni, causa Covid, oltre 4 mila e 400 imprese per un totale di quasi 24 mila occupati dipendenti. Reagisce mantenendo al minimo gli investimenti, chiedendo prestiti alle banche, alzando i prezzi dei listini che però, rispetto al resto d'Italia, si alzano molto meno con aumenti che vanno dal 2,1 per cento del pasto in pizzeria fino al 4,4% del caffè. Aumenti contenuti, fanno sapere dalla Fipe Confcommercio che ieri ha presentato un'indagine sullo stato di salute del settore in seguito all'emergenza pandemica, visto che per 6 imprese su 10 il ritorno ai fatturati pre-Covid non arriverà prima del 2023 e l'impennata dei costi di gestione fa vedere decisamente nero. È quasi una tempesta perfetta, dicono dall'associazione di settore.

 

 

Perché mentre le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti, l'improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell'energia sta determinando una incertezza crescente tra gli imprenditori. Quello che doveva essere l'anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10%. Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. La naturale conseguenza sono stati i licenziamenti e un calo di fatturato medio di circa il 40% anno 2019/2020. Se poi il settore stava rialzando la testa da inizio anno, il caro bollette e il rialzo del costo delle materie prime alimentari conseguente al conflitto in Russia è stato per molti il colpo finale. Quasi il 90% dei titolari di impresa ha infatti riscontrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% sui prodotti alimentari. Il ricasco sui clienti? Contenuto, dicono dalla Fipe, e soprattutto oltre la metà dei bar e ristoranti prevede di non ritoccare ulteriormente i listini per non rischiare di perdere clientela. Soluzione che appare logica, visto che la maggior parte ha già registrato una diminuzione di fatturato dovuta al venir meno dei coperti e delle consumazioni al bar.

 

 

«La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto - sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani - si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull'approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari. Quello che manca è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno».

 

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