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Pescatori rapiti in Libia, i familiari sotto casa dei genitori di Alfonso Bonafede: "Ministro dove sei?"

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«La nave turca è stata rilasciata dopo 5 giorni e noi da 3 mesi aspettiamo i nostri pescatori: è vergognoso». Lo dicono i familiari dei 18 marittimi bloccati in Libia dal primo settembre, nel corso di una protesta a Mazara del Vallo, nei pressi dell’abitazione dei genitori del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Lo scorso 5 dicembre i militari dell’Lna (Libyan National Army) del generale Khalifa Haftar avevano fermato la nave turca ’Mabroukà con 17 membri dell’equipaggio, rilasciati stamattina in seguito al pagamento di un’ammenda. «Sei incompetente, com’è possibile che erano a 7 miglia da Tobruk e sono già stato liberati e noi ancora qui ad urlare da 102 giorni?», si chiede Giuseppe Giacalone, armatore di uno dei pescherecci fuggiti la notte del sequestro e padre di uno dei marittimi tuttora ’in stato di fermò in Libia. Restano bloccati nel porto di Bengasi anche i due pescherecci Antartide e Medinea, fermati a 38 miglia dalle coste di Bengasi. Al grido di ’Liberate i pescatorì, i familiari stanno protestando ricorrendo a fischietti ed esponendo lo striscione simbolo della loro denuncia. Sul luogo sono presenti gli agenti della Digos. «Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più», dice Cristina Amabilino, moglie di uno dei pescatori, guardando verso l’abitazione in cui abitano i genitori di Bonafede. Presente sul posto anche il presidente del Consiglio comunale, Vito Gancitano, secondo cui «questa protesta fa capire tante cose, queste persone non ce la fanno più, non ci sono più parole da spendere, soprattutto dopo questo episodio (la liberazione della nave turca, ndr) se non l’ennesimo appello a tutte le istituzioni, compreso il nostro concittadino Alfonso Bonafede».

 "Chiamate vostro figlio, bisogna intervenire adesso" dicono i familiari. "Siamo completamente abbandonati e rischiamo di sentirci male fisicamente, qui ci sono donne anziane che non sanno più a che santo votarsi", dice in lacrime Anna Giacalone, madre di uno dei 18 pescatori. Nel corso della protesta, Cristina Amabilino, moglie di un altro dei pescatori, ha telefonato in modalità viva-voce alla Farnesina, chiedendo di poter parlare con il ministro Luigi Di Maio, senza esito positivo. "La liberazione della nave cargo turca - aggiunge Anna Giacalone - dimostra che la nostra diplomazia non ha alcun peso, noi stiamo pagando perchè siamo italiani".

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