Quello di Suarez fu un "esame farsa". Da Cantone bomba sulla Juve
L’esame di italiano sostenuto da Luis Suarez presso l’Università per Stranieri di Siena lo scorso 17 settembre per ottenere il passaporto italiano «fu una farsa». Il procuratore della Repubblica Raffaele Cantone ha chiuso l’inchiesta relativa al test sostenuto dal centravanti uruguayano, che la Juventus stava trattando con il Barcellona ma che non avrebbe potuto tesserare in quanto extracomunitario: Cantone ha disposto le misure cautelari della sospensione per otto mesi, dall’esercizio del pubblico ufficio rispettivamente ricoperto dal Rettore Giuliana Grego, dal Direttore Generale Simone Olivieri, dalla professoressa Stefania Spina e dal componente della commissione «Celi Immigrati», Lorenzo Rocca dell’Università per stranieri di Perugia, ipotizzando i reati di rivelazione del segreto d’ufficio finalizzata all’indebito profitto patrimoniale e plurime falsità ideologiche in atti pubblici.
«Le indagini - si legge nella nota della Procura - hanno significativamente corroborato il quadro probatorio che già si era delineato in ordine all’organizzazione, da parte degli indagati, nel corso di una sessione istituita ad personam, di un esame "farsa", che ha consentito il rilascio dell’attestato di conoscenza della lingua italiana del tipo "B1" al noto calciatore uruguaiano Luis Suarez, requisito indispensabile per l’ottenimento della cittadinanza».
«Gli accertamenti investigativi hanno consentito, altresì, di comprendere come, nei primi giorni del mese di settembre del 2020, la dirigenza del club torinese si fosse attivata, anche ai massimi livelli istituzionali, per "accelerare" il riconoscimento della cittadinanza italiana nei confronti di Suarez», si legge nella nota, facendo, quindi, «ipotizzare nuove ipotesi di reato a carico di soggetti diversi dagli appartenenti all’università, tuttora in corso di approfondimento». Condividendo le ipotesi accusatorie, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto le misure cautelari avendo rilevato «il concreto ed attuale rischio che gli indagati, se non sottoposti ad idonea cautela, ripropongano condotte delittuose analoghe a quelle per le quali si procede, avendo mostrato di considerare l’istituzione di cui fanno parte e che rappresentano alla stregua di una res privata gestibile a proprio piacimento»