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Il documentario di Michele Santoro in anteprima su Tpi: "La Rai non lo ha voluto"

Giada Oricchio
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Michele Santoro torna e sfida la Rai: "Nonostante il M5S, nel servizio pubblico conformismo senza uguali". Michele Santoro, che con le sue inchieste ha segnato la storia del giornalismo in Italia, è orgoglioso di poter mostrare "I Fili dell'odio", una sua produzione sulle manipolazioni e sul pericoloso inquinamento dei social. Ha trovato asilo su TPI, Huffington Post e MicroMega: il 2 dicembre alle 22.00 in Rete si potrà vedere il documentario denuncia. Santoro ce l'ha fatta nonostante il "disinteresse" di chi dovrebbe fare servizio pubblico: "Ho provato a proporre il documentario a varie Strutture della Rai. Non hanno voluto prenderlo in considerazione. Nonostante i Cinque Stelle al Governo, nel servizio pubblico regna un conformismo che non ha uguali perfino nella stagione monopolistica del Cavaliere. Ad eccezione di Report, mai le trasmissioni di approfondimento giornalistiche sono state così insignificanti e con ascolti così bassi, mai la satira così assente, mai i telegiornali così omologati".

Il giornalista attacca: "Ancora oggi sulla piattaforma online del Servizio Pubblico non è possibile rivedere le puntate di Annozero che hanno segnato un pezzo di storia del nostro Paese. Vi lascio immaginare il perché. È inconcepibile che la situazione sia ancora questa dopo che Beppe Grillo, autore di clamorose denunce contro la censura, ha portato il suo Movimento al governo e i Cinque Stelle hanno addirittura potuto decidere il nome dell’Amministratore Delegato della Rai e dei Direttori di reti e telegiornali. C’era da aspettarsi un Rinascimento della principale azienda culturale del Paese. Ci troviamo invece di fronte a un conformismo che non ha uguali perfino nella stagione monopolistica del Cavaliere".

È uno sfogo amaro, ma lucido: "Dopo che, considerata la mia non più giovane età, ho deciso di smettere l’attività di produttore, senza lasciare debiti e senza buchi di bilancio, avendo consentito per quasi dieci anni a centinaia di persone di lavorare e a tanti giovani di formarsi, c’è chi ha titolato “Nessuno vuole Santoro”. Un titolo depistante visto che ho ricevuto inviti a partecipare come ospite praticamente da tutte le reti televisive esistenti e li ho rifiutati. Se ne potrebbe ricavare che anche il pubblico non sia così d’accordo con la mia assenza dal palinsesto. Sarebbe stato più corretto scrivere “Nessun Partito vuole Santoro” dato che con due governi diversi l’atteggiamento della Rai nei miei confronti non è cambiato. Non la vivo come una tragedia e la considero un’ennesima prova dell’indipendenza che ho sempre dimostrato". 

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