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Coronavirus: i medici dicono no a settimana bianca e party di Natale

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No alla settimana bianca e no ai party di Natale, Seppure il rapporto tra positivi e tamponi sia in calo (oggi al 12,3%), migliorano i dati delle terapie intensive e dei ricoverati in ospedale, il numero dei morti continua a crescere, raggiungendo il numero massimo in questa ripresa della diffusione del virus. Per questo sia Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, sono scettici sia sulla riapertura degli spostamenti tra le regioni per il periodo natalizio, che sulla apertura degli impianti sciistici. «Questi non sono numeri, sono persone, famiglie, affetti - ha detto Rezza - e quando si dice che avevano patologie si deve pensare che avevano una speranza di vita. Per questo trovo difficile a volte commentare e rispondere sul Natale o sull’attività sciistica. Oggi abbiamo un brutto dato di 853 decessi, è alto e come nella prima ondata avremo una lunga scia anche quando la curva sarà tornata sotto controllo perchè questi sono i numeri che scendo per ultimi».

 Una lunga scia che potrebbe iniziare a raffreddarsi e calare, se si continua a seguire la strada intrapresa, non prima di «10/14 giorni. Una settimana fa avevamo avuto 731 decessi oggi ne registriamo 853, esattamente 122 di più un numero che non avremmo mai voluto ne vedere ne commentare», ha detto Locatelli. Di positivo c’è che «a fronte di questo dato - ha spiegato ancora Locatelli - che deve richiamarci ad andare avanti nella strategia, ci sono numeri che confermano una iniziale ma chiara diminuzione della trasmissibilità. Oggi abbiamo un 12,3% di proporzione, gli indicatori vanno nella direzione sperata e servono per trarre ulteriori incentivazione per perseguire la strategia messa a punto». I risultati si iniziano a vedere, ma su una cosa Rezza ci tiene a puntualizzare: «Sento parlare di terza ondata, ma queste ondate non finiscono spontaneamente. Abbiamo avuto un’unica ondata frenata da un duro e lungo intervento di lockdown, quando si è allentata la morsa a poco a poco è ripartita quella che chiamiamo la seconda ondata. Se non siamo in grado di arginare automaticamente ripartirà l’ondata».

Per arginare questa terza ripresa della diffusione non bisogna commettere l’errore commesso in estate, quindi, da un punto di vista clinico, sarebbe meglio evitare spostamenti per Natale e vacanze sugli sci: «Nessuno sottovaluta l’impatto di un blocco dell’attività sciistica per chi lavora in quel settore - ha spiegato Locatelli -, nè l’importanza per chi ama questo tipo di sport di praticarlo ma i numeri attuali non rendono compatibile la riapertura dell’attività sciistica». «Chiaro - ha ribadito Rezza - che questo è un argomento di grande sensibilità, perchè se da una parte c’è una economia che si muove sugli impianti sciistici, con un business altissimo, dall’altra parte bisogna ricordare che lo scorso anno con le file sugli impianti di risalita e dagli skiresort, dai dati che abbiamo noi, partirono molti focolai. Certo servirebbe un coordinamento europeo, perchè se chiude l’Italia ma non la Francia, la Svizzera o l’Austria è possibile che molti italiani possano andare a sciare all’estero e sarebbe tutto inutile».

«Credo che bisognerà essere cauti, bisogna evitare situazioni rischiose, con conseguenze molto dannose. Resisteremo ancora un pò, se fosse per me io direi continuiamo a fare qualche sacrificio, di tenere bassa la circolazione virale ed evitare quella che chiamiamo terza ondata e arrivare ai mesi primaverile, per cui stiamo facendo lo sforzo per arrivare a una vaccinazione di massa». Stesso discorso vale per gli spostamenti natalizi tra regioni e le riunioni di famiglia e a nulla servirebbe un tampone natalizio anzi rischierebbe, a detta di Locatelli, solamente di sovraccaricare il lavoro dei laboratori e del tracciamento dei contagi. In merito alla futura vaccinazione anti-Covid, allimmunità di gregge, alla strategia da adottare a livello nazionale e all’eventuale obbligo Locatelli ci tiene a dire che «si sta lavorando in maniera intensiva e anche questa mattina abbiamo avuto una riunione di due ore entrando nel dettaglio per sviluppare il piano di vaccinazione nel minor tempo possibile. Tanto più velocemente arriveremo a un’immunità di gregge, tanto più velocemente usciremo da questa situazione complicata».

«Ci sarà un rapporto molto stretto tra governo centrale e regione per attivare canali condivisi per realizzarlo quanto più efficacemente possibile per non avere ritardi. Il Paese deve essere consapevole che si sta lavorando e come. Per le strategie vaccinali la strada è quella di un convincimento della cultura di vaccinazione, voglio sperare che gli italiani daranno prova responsabilità». «Sulla immunità di comunità necessaria per stabile che il virus non circola più - ha spiegato Rezza - dipende dall’R con 0. Con questo virus stiamo intorno a 3, quindi grosso modo almeno il 60%-70% della popolazione dovrebbe essere vaccinata ma servono dei modelli per stimare esattamente questa soglia». In pratica servono circa 42 milioni di persone vaccinate per far sì che il virus circoli meno o per nulla. 

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