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Giordano Bruno Guerri: la gente è rassegnata e la libertà in pericolo

Giovanni Terzi
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Ho cercato Giordano Bruno Guerri in queste settimane perché avevo bisogno con lui di confrontarmi riguardo questo periodo storico per cercare di uscire dai luoghi comuni, dalle frasi retoriche e per comprendere quale potrà essere lo scenario prossimo venturo del nostro paese e nel mondo.

Storico, saggista, accademico e giornalista, Giordano Bruno Guerri è prima di tutto un uomo libero ed un libero pensatore che dall’ottobre del 2008 è presidente (e dal 2014 anche direttore generale) della Fondazione Vittoriale degli Italiani la casa di Gabriele d’Annunzio a Gardone Riviera a cui ha ridato slancio con nuove creazioni museali e l'acquisizione di opere d'arte contemporanea e di importanti documenti, portandola da 146.000 a oltre 279.000 visitatori.

Oggi il Vittoriale è chiuso ma i lavori di manutenzione vanno avanti.
«Ci stiamo preparando per farci trovare preparati nel momento in cui si potrà riaprire, e l'anno prossimo sarà il nostro centenario» esordisce lo storico italiano «il Vittoriale è un luogo nato per essere visto, vissuto e vederlo deserto mi provoca un dolore sterminato».
 

Che periodo stiamo vivendo secondo lei?
«La situazione è di una emergenza gravissima ma la sensazione, e questo mi provoca dispiacere, è che la gente sia rassegnata a farsi fare ogni cosa come se fosse vittima di una vera e propria sudditanza; così il potere rischia di approfittare di questa confusione per fare ciò che vuole».
 
Ha qualche preoccupazione in merito a questo?
«Il comando o meglio il potere è, usando una metafora, come il sangue per gli squali. Questo provoca il presupposto naturale per il cambiamento. Questa prima preoccupazione si somma all’atteggiamento già pronto ad obbedire ad ordini spesso irrazionali. È il combinato disposto di queste due preoccupazioni che mi spaventa molto in questo periodo storico».
 
E questo secondo lei come mai?
«Perché siamo passati dal politicamente corretto al sanitariamente corretto...».
 
Cosa intende dire ?
«Negli ultimi decenni lo sviluppo della difesa della salute pubblica ha avuto una evoluzione progressiva e soprattutto in quelle misure che non implicano costi per lo Stato ma doveri per i cittadini».
 
Mi fa degli esempi?
«Abbiamo iniziato con gli obblighi, più che leciti, all’utilizzo delle cinture sicurezza e del casco per chi va in moto. Questo portò alla reazione dei pochi difensori delle libertà individuali che rivendicavano il diritto di farsi del male».
 
E quindi?
«La risposta fu di tipo economica e di quanto costava alla collettività il danno di qualcuno che si faceva male se non avesse usato casco e cinture, della serie "Le cure in ospedale… e se rimani paralizzato ti dobbiamo mantenere a vita noi, che ci sottoponiamo al casco e alla cintura". Dopo questo c’è stato il divieto di fumare nei luoghi chiusi, per carità ha le sue ragioni, e si arriverà, già lo stanno facendo a Milano, al divieto di fumare per strada come già avviene in Giappone ed in altri stati».
 
E cosa significa secondo lei questo?
«Che al sanitariamente corretto non c’è limite, dunque è facile prevedere che, se un giorno si dimostrasse vera l’antica teoria delle nonne sulla maglietta della salute, la maglietta della salute diventerebbe obbligatoria per legge, con controlli casuali delle forze dell’ordine e multe salate per gli inadempienti».
 
E oggi con il COVID?
«Per non passare come un untore io capisco che le misure anti epidemia siano indispensabili ma per un libertario come me sembra essere atterrati in uno scenario da incubo liberticida».
 
Prima parlava del politicamente corretto come un atteggiamento preparatorio al sanitariamente corretto...
«Qui davvero si tratta di un bene superiore: la libertà di espressione e di pensiero. L’obbligo al politicamente corretto impone un cambiamento culturale forzato e fittizio, e produce opinioni e comportamenti di massa indotti. Nel caso del linguaggio si sconfina in termini che rasentano il ridicolo».
 
Mi farebbe qualche esempio?
«All’obbligo, ormai assodato, di usare “femminicidio” per l’omicidio di una donna, seguiranno “gaycidio”, “diversamenteabilecidio” e così via. Sarebbero quisquilie se non fossero anche i prodromi di violenze culturali molto maggiori. Ma le posso fare altro esempi altrettanto importanti...».
 
Mi dica...
«Una decina di anni fa l’idea - nata nella rigorosa BBC - che non si debbano più usare le espressioni Avanti Cristo e Dopo Cristo, con i loro acronimi AC e DC, in inglese BD (Before Death) e AD (After Death). Motivo, non offendere chi non si riconosce nel cristianesimo. Si suggerì di passare a «Before Common Era» e «Common Era», che da noi diventerebbero Prima dell’Era Volgare (PEV) e Era Volgare (EV). Saremmo dunque nel 2020 EV, ma ci sarebbe comunque da discutere con i credenti musulmani, visto che il loro calendario parte dal 622, ovvero dall’Egira di Maometto. Chissà se un giorno il politicamente corretto si ribellerà alle immagini violente nelle chiese dipinte da Giotto o Caravaggio».
 
Non pensa di esagerare?
«Credo che siamo vicini a quel punto e la dimostrazione è la pandemia di cretini come quelle che hanno abbattuto le statue di uomini del passato, come Cristoforo Colombo, colpevoli di avere praticato lo schiavismo e il razzismo: senza sapere o - peggio - senza tenere conto che quegli uomini vivevano in tempi in cui razzismo e schiavismo erano legittimi e comunemente accettati. Siamo in un paese, in un mondo di barbarie dove vale, in nome del politicamente corretto, la punizione retroattiva».
 
Lei adesso che il Vittoriale è chiuso vive a Roma con la sua famiglia. Come la vede la città eterna?
«Una città bloccata. Mi hanno impressionato le file interminabili di taxi ed i taxisti che non parlano nemmeno più; così come l’altro giorno, passando in piazza Barberini ho visto l’albergo Bernini Palace chiuso. Una tristezza immensa».

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