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Il "favorino" di Conte al suocero che non scandalizza i grillini (a differenza del bonus...)

Malan (FI): "Con una norma nel Dl Rilancio condonati i guai giudiziari del padre della fidanzata"

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Torna alla ribalta la vicenda del suocero del premier Giuseppe Conte sgravato dall'accusa di peculato grazie a una normetta infilata nel decreto Rilancio. Vicenda che Il Tempo aveva denunciato all'epoca ma che in queste ore sta facendo nuovamente discutere perché in qualche modo legata al caso dei "furbetti" del bonus. A legare i due casi il senatore di Forza Italia Lucio Malan. Che si chiede: chi si scandalizza per 600 euro presi legalmente, cosa ne pensa di 2 milioni di euro sottratti ai cittadini fraudolentemente e poi "depenalizzati"?

“L’avvocato del popolo Giuseppe Conte - scrive Malan sul proprio sito web - sembra sia un avvocato assai efficace per un componente molto speciale del popolo: il padre della sua compagna, Cesare Paladino, che da un giorno all’altro, il 19 maggio del 2020, senza il disturbo di una udienza in tribunale, si è trovato sgravato dall’accusa di peculato, reato che comporta la reclusione da un minimo di quattro anni a un massimo di dieci anni e sei mesi".

"Dai giornali del 2018 e del 2019 - riepiloga il senatore di Forza Italia - apprendiamo infatti che il signor Paladino, gestore del prestigiosissimo Hotel Plaza di Roma, dal 2014 al 2018 non ha girato al Comune di Roma i 7 euro al giorno richiesti ad ogni cliente per pagare la tassa di soggiorno. Poiché non sono soldi suoi, ma percepiti per conto del Comune di Roma, non si tratta di semplice evasione fiscale ma, per la giurisprudenza prevalente, di peculato. La faccenda è così chiara che gli avvocati ‘ordinari’ del signor Paladino hanno proposto nel giugno 2019 di patteggiare una pena di un anno, due mesi e sette giorni di reclusione. Ma siccome gli albergatori che trattengono ciò che è del comune sono parte del popolo, si è mosso ‘l’avvocato del popolo’, che essendo presidente del Consiglio in un momento di emergenza emana decreti a piene mani. E così, uno dei 266 articoli del decreto rilancio, precisamente il 180, commi 3 e 4, cancella per l’albergatore il ruolo di agente contabile per la riscossione della tassa di soggiorno, con l’effetto che l’accusa per il ‘suocero’ del presidente del consiglio non è più di peculato punibile con il carcere, ma di semplice evasione fiscale, per la quale te la cavi con una sanzione amministrativa".

"Trattandosi di 2 milioni sottratti ai cittadini commettendo un reato, e non dei famosi 600 euro percepiti in modo del tutto vergognoso ma senza infrangere la legge (peraltro anch’essa firmata dallo stesso governo che ha depenalizzato la tassa di soggiorno), ci aspettiamo almeno le stesse sdegnate reazioni, in particolare dagli esponenti del M5S" è la conclusione di Malan. "Peraltro - il ragionamento - abbiamo sempre denunciato che un decreto di 500 pagine e 266 articoli rende impossibile un serio esame da parte del Parlamento, così detestato dai grillini, e dunque facilita questi ‘colpi di manina’, quasi certamente all’insaputa del capo del governo. Glielo chiediamo con una interrogazione, visto che, comunque sia, la firma in fondo al decreto è la sua. ”

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