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L'untore del popolo. Si indaga su Conte denunciato per epidemia colposa

La denuncia presentata dall'avvocato Taormina. Gli atti trasmessi dalla procura al tribunale dei ministri. Si valutano le azioni del premier, di Speranza e dei consulenti del governo

Francesco Storace
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Appuntamento con la giustizia per la pandemia. Il premier Giuseppe Conte, il ministro Roberto Speranza e altri – inclusi i vari consulenti di governo – saranno convocati dal Tribunale dei ministri. La denuncia presentata a più procure della Repubblica da parte del professor Carlo Taormina per indagare sulle responsabilità politiche e gestionali nella strage da coronavirus e i suoi trentacinquemila morti italiani provoca effetti a livello giudiziario. Chi sapeva del morbo cinese ha omesso di intervenire con la rapidità che era necessaria.

 

Una primissima indagine è stata avviata dai magistrati romani che evidentemente non hanno ritenuto infondato procedere per epidemia colposa e omicidio plurimo colposo così come ipotizzato da Taormina: e i 14 faldoni del fascicolo sono stati trasmessi al foro competente. Appunto, il tribunale dei ministri. Che ora dovrà procedere con lo scrupolo necessario.

«Ho visto con i miei occhi le carte dell’indagine» arrivate al Foro che è competente per giudicare i membri di governo, racconta l’avvocato, che ha presentato una prima denuncia a cui sono seguite due integrazioni.

Nel mirino il premier e il ministro Speranza. Ma non solo. Sotto accusa potrebbero finire molti tra funzionari di governo e virologi di corte. Perché, questa è la contestazione principale, per ben 25 giorni dopo la proclamazione dello stato di emergenza «non si è fatto nulla per evitare la strage». Un ritardo gravissimo che potrebbe aver provocato ancora più lutti rispetto a quanto ci si potesse aspettare.

 

Taormina parla apertamente di dolo da parte delle autorità, che erano informate «almeno dai primi di gennaio, se non da dicembre», di quello che stava per succedere. I documenti recuperati presso il ministero della Salute sono inequivocabili. Il Tribunale dei ministri sarà chiamato anche a verificare, tra le carte prodotte, le testimonianze del personale infermieristico: «Le persone morivano come le mosche». E non è pensabile che tutto questo possa finire nel dimenticatoio

È il governo che avrebbe dovuto agire molto prima: la maggior parte dei morti erano stati ricoverati proprio nel mese di febbraio. «Si potevano evitare migliaia di contagi e migliaia di decessi», si accalora il professore. La iniziale limitazione delle zone rosse nel mese di marzo senza coinvolgere l’intero territorio nazionale, per Taormina ha rappresentato «esattamente il modo per assicurarsi il propagarsi del contagio senza limiti territoriali». L’assenza di qualsiasi tipo di intervento conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza dalla data della sua dichiarazione fino al 21 febbraio, facendo trascorrere inutilmente tre settimane durante le quali «nulla di ciò che si doveva fare è stato fatto, se si escludono i controlli effettuati nei porti e negli aeroporti per la rilevazione dello stato febbrile nei passeggeri».

E qui occorre chiedersi con serietà e responsabilità quale ruolo abbia avuto il Comitato tecnico scientifico evocato dal premier Conte ad ogni pie’ sospinto. È importante sapere quale sia stato il ruolo del consulenti. E da chi è stata suggerita la data del 31 gennaio per lo stato di emergenza. In sostanza, come vedremo nelle domande principali poste da Taormina, va verificato se il governo ha ascoltato o no i loro avvertimenti (se esistenti).

La catena delle responsabilità, secondo la denuncia – non un generico esposto – è evidente. Il contagio si poteva evitare solo con «la drastica chiusura di ogni cosa», ma sin dall’inizio. «Sarebbe stata la soluzione». Invece, per troppo tempo «si è addirittura propagandata la non pericolosità dei contagi».

Di qui le domande poste da Taormina alla magistratura proprio sul ruolo dei consulenti e del governo.
1. Quei tecnici e scienziati di cui si è dotato l’esecutivo hanno dato o no a Conte e ai suoi ministri l’indicazione di chiudere tutto e subito sin dal 31 gennaio?
2. E il governo, nel caso, perché non ha seguito le loro indicazioni? 
3. Infine, se invece non hanno proposto quelle misure radicali che servivano, come sono stati scelti rispetto al panorama scientifico che poteva coinvolgere anche altri tecnici di indubbio valore?

A pagina 5 della denuncia di Taormina compare la considerazione più dura, ma davvero realistica, su «una circostanza scientificamente comprovata». Ovvero, «dal momento in cui sono state estese le massime restrizioni che si è ritenuto di imporre all’intero territorio nazionale, è iniziato il trend di arresto del contagio e di diminuzione delle persone decedute». E questo testimonia – è la conclusione a cui giunge l’atto – che «essendo iniziata la curva discendente in coincidenza e a causa del drastico isolamento imposto, è matematico che se lo si fosse attuato subito, almeno il 31 gennaio 2020, le migliaia di morti e, prima di ciò, le migliaia di contagi che ne sono stati la causa diretta, non si sarebbero verificate». Un’affermazione pesantissima che nessuno può permettersi di ignorare.
 

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