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Scannato come un vitello. Gli assassini di Cerciello Rega non meritano pietà

Francesco Storace
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Quel carnefice non ha avuto pietà. Doveva morire il vice brigadiere Mario Cerciello Rega, perché in quella strada del quartiere Prati non c’era spazio per il dovere. Non ha avuto esitazioni il suo assassino. A quei due americani arrivati a Roma interessava solo procurarsi la droga e quello che imbracciava il coltellaccio ha sventrato il militare come un vitello. La storia questa era.

La voce straziante di quel povero ragazzo che serviva l’Arma e l’Italia racconta un sacrificio umano orribile. Ieri, in Corte d’Assise, quel crimine bestiale di un anno fa è apparso evidente in tutta la sua brutalità, è crollato il castello pseudogarantista a difesa degli imputati. 

 

Non sembrava vero di ascoltare versioni orribili nei mesi scorsi. Si è tentato in tutti i modi di infangare due uomini dell’Arma. Si è raccontata la storiella che gli assassini venuti da Oltreoceano non sapevano che Cerciello e il suo collega Andrea Varriale fossero carabinieri. Si erano identificati eccome. Ed erano senza pistola perché se sei in borghese a controllare se c’è spaccio di droga devi arrivare prima del delinquente. Ma nemmeno questo è bastato a Mario Cerciello Rega.

Perché quando scarichi su un corpo undici coltellate non c’è dubbio che vuoi ammazzare il tuo nemico. Sangue copioso su tutto il corpo, frasi pronunciate a fatica, poi i rantoli, la morte tra le braccia dell’altro carabiniere che chiedeva soccorso ai colleghi per telefono. Tutto ricostruito davanti ai giudici, in un audio orribile.  E come faceva a non svenire il suocero del martire? E come faceva a non scoppiare a piangere la vedova?

Chi si inginocchia, adesso, di fronte alla follia omicida ricostruita in Corte d’Assise? Vorremmo avere di fronte l’onorevole Scalfarotto, per capire se almeno oggi si rende conto di chi è andò a trovare in carcere a poche ore da quella barbarie? No, non lo abbiamo dimenticato quel gesto assolutamente inopportuno. Infelice. E un po’ inutilmente esibizionista.

 

In una giornata che ha devastato il cuore di chi per cultura preferisce stare dalla parte di chi serve lo Stato e non con chi delinque, si è persino appreso che l’ultimo tentativo per salvare chi ha ammazzato Cerciello è fallito. Ma quale incapacità di intendere e di volere, Lee Elder vede aggravata la sua posizione processuale anche per la perizia psichiatrica disposta dalla Corte.

Il dolore merita rispetto. Le garanzie processuali non vengono certo meno, ma di fronte a quanto emerge, non possono esserci alternative: si giudica in nome del popolo italiano e nel cuore di tutti noi la sentenza non potrà prevedere l’uscita dal carcere per fine pena.
 

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