Lo sport dopo il Covid: da “medicina attiva” a volano culturale
Ne parla Fabio Poli dell'Università Telematica San Raffaele
Si torna alla normalità. O almeno ci si prova. Come tutte le attività anche quella sportiva come la maggior parte dei settori produttivi del Paese è rimasta confinata per oltre due mesi tra le mura di casa. Ma dove approderà lo sport dopo la tempesta che lo travolto? Si riavvolgeranno semplicemente le lancette e tutto tornerà come prima del covid? «Le crisi avviano processi di ridefinizione delle regole» spiega Fabio Poli, Presidente del Corso di Laurea triennale in Calcio dell’Università Telematica San Raffaele, «è così da sempre, anche per lo sport. Da questa crisi però, la consapevolezza che il settore rivesta un ruolo importante per l’economia sociale, dovrà uscire fortemente rinforzata».
Alla base della ripartenza dovrà intanto esserci un progetto di ridefinizione delle regole di un sistema che si è seduto su un modello di business difficilmente sostenibile. Un modello fragile, in cui si è prodotta ricchezza, economica e sociale, ma senza prospettiva alcuna. Ad esempio puntualizza Poli «l’attività sportiva potrebbe diventare prescrivibile come una cura medica in modo che i costi possano essere detratti dalle tasse, non solo in caso di patologie da correggere. Lo sport se fatto bene aumenta e/o migliora la qualità della vita. E diminuisce la spesa della sanità pubblica diventando una sorta di medicina attiva».
Di pari passo si dovranno incentivare maggiormente dei percorsi accademici appositi per chi sceglie di diventare professionista dello sport sposandone il senso etico e sociale anziché quello economico così che, adeguatamente valorizzato, possa diventare volano per lo sviluppo del Paese come catalizzatore di risorse, facilitatore di un pensiero integrato e sperimentatore di pratiche innovative oltre che educative.