Mascherine, Conte nel ridicolo “Ce lo ha ordinato la Dadone”
Finisce in tragicommedia in Parlamento la storia delle mascherine comprate per il premier 15 giorni prima di pensare a tutti gli altri italiani. Giuseppe Conte non si è presentato, e ha mandato nell'arena il povero ministro dei rapporti con il Parlamento Federico D'Incà ad affrontare le interrogazioni presentate sulla inchiesta de Il Tempo sugli acquisti fatti da Palazzo Chigi di mascherine, guanti, camici e varie protezioni dal coronavirus fatti dal 26 febbraio scorso per mettere in sicurezza il premier e i suoi collaboratori prima di tutti gli altri italiani (con le gare Consip partite solo il 9 marzo successivo). D'Incà ha letto l'appunto fattogli dalla struttura che altro non fa che confermare quanto scritto da Il Tempo sul “Giuseppi Hospital” allestito con tanto anticipo rispetto a tutti gli altri: “per quanto riguarda gli acquisti di guanti, gel disinfettante e mascherine chirurgiche”, ha spiegato il ministro dei rapporti con il Parlamento, “si fa presente che la Ministra per la pubblica amministrazione (Fabiana Dadone, appunto ndr) ha emanato, il 25 febbraio 2020, una direttiva che ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche l'adozione di misure di igiene e di protezione a beneficio di tutti i dipendenti e di tutti coloro che, a diverso titolo, operano o si trovano presso l'amministrazione. Nei giorni successivi all'emanazione di questa direttiva, la Presidenza del Consiglio ha avviato le procedure negoziali che hanno portato all'acquisto e alla consegna di 1.250 litri di gel igienizzante, di 310 confezioni da 100 guanti ciascuna e di 11.600 mascherine chirurgiche; altre 32.400 mascherine chirurgiche sono state pure ordinate e dovrebbero essere consegnate, in base all'originaria previsione, a fine maggio. I materiali di cui sopra non costituiscono scorte clamorose né, tantomeno, un frutto di valutazioni egoistiche effettuate dagli uffici della Presidenza del Consiglio. Mi basti ricordare in proposito che, ieri, la Protezione civile ha consegnato 97.108.045 mascherine e 15.156.000 guanti”. Certo la spiegazione che quasi loda Conte per essersi messo in salvo ottemperando alle direttive della ministra Dadone del giorno prima (come se il premier non dovesse curarsi degli italiani, ma solo della sua struttura) fa sorridere. Ma non è stata questa la reazione di chi ha presentato le interrogazioni. Il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, ha replicato secco: “Io non me la prendo con lei, perché ho stima di lei e immagino che rappresentare il Governo in questa fase sia abbastanza complesso, ma io me la prendo con un Presidente del Consiglio che sta dando chiari segni di delirio di onnipotenza, non solo perché in quella fase ha pensato a ordinare il materiale per Palazzo Chigi e non ha pensato ad avvisare le regioni, le ASL, le aziende territoriali sanitarie di fare gli stessi ordini, com'era compito del Governo (…) c'è un elenco che è molto più doloroso; lei lo sa che, in Lombardia, su 17 milioni di mascherine necessarie al giorno, ad oggi, da Roma, ne sono arrivate 1 milione 833 mila? Lo sapeva questo? Lo sapeva che la regione ha fornito un milione di camici e da Roma ne sono arrivati 9 mila? Lei lo sa che, in Piemonte, ci sono 2 milioni e mezzo di mascherine in meno rispetto a quelle pubblicizzate sul sito del Ministero? Lo sa che sono stati mandati dei monitor multiparametrici che hanno i posti letto di una marca e le centrali di monitoraggio di un'altra, quindi non possono essere utilizzati, mentre la gente muore negli ospedali? Lei lo sa che in Veneto, su 100 mila tute protettive al giorno, che sarebbero necessarie, da Roma ne sono arrivate 12 mila? Lo sapete che in Friuli Venezia Giulia non ci sono camici, visiere, kit di accesso vascolare e mascherine varie? Lo sapete che i medici di famiglia stanno affrontando a mani nude questa emergenza”. Parole dure anche da parte del capogruppo di Fratelli di Italia, Francesco Lollobrigida (che aveva presentato l'interrogazione insieme a Giovanni Donzelli): “Si scalda, Ministro D'Incà, si scalda! Al suo posto avremmo voluto vedere Conte e abbiamo chiesto che venisse lui a rispondere, perché in quelle ore, mentre gli italiani disperatamente cercavano di capire che cosa stava accadendo, si approvvigionava, con atti chiari e netti: a seguito dell'emergenza Coronavirus, comprate queste cose. È scritto sui documenti, caro Ministro D'Incà. Quando lei, Ministro D'Incà, ricorderà, rideva e chiedeva che qui in Parlamento non si arrivasse con la mascherina, dove la nostra collega Baldini, dottoressa prima che parlamentare, indossava la mascherina, non è stato l'unico a dire che non voleva vedere mascherine, che creavano allarmismi. In queste ore abbiamo sentito dire, forse sempre lei o il Ministro Speranza, che il presidente della regione Lombardia non doveva indossare la mascherina, faceva allarme, creava situazioni che potevano creare turbativa da parte dei cittadini, che in quelle ore volevano capire quale sarebbe stato il loro destino”