Atac, se 400mila sono pochi e 40mila una moltitudine
Il referendum sull'Atac si è rivelato un flop clamoroso. E la reazione degli organizzatori - pronti addirittura a ricorrere al Tar - assomiglia tanto al comportamento di quelli che perdono "e nun ce vonno sta'". Eppure coloro che hanno avversato la consultazione avrebbero dovuto dimostrarsi più prudenti nel celebrare il mancato raggiungimento del quorum. Perché i numeri possono essere sempre relativi e, in fondo, tutti i rappresentanti politici eletti nelle istituzioni sono espressione di una esigua minoranza. Persino chi oggi è baciato dal maggior consenso popolare. Mi spiego meglio. I circa 390mila romani che domenica si sono recati alle urne per decidere il destino dell'azienda di trasporto pubblico della Capitale non sono poi così lontani dai circa 450mila elettori che, due anni fa, votando Virginia Raggi al primo turno delle Comunali decisero di far soffiare sulla Capitale "il vento del cambiamento". Anche le percentuali, se rapportate al totale degli aventi diritto, non sono molto lontane. Il 16% per il referendum, il 20% per colei che sarebbe diventata sindaca. Che venne "conteggiato" come 36% solo perché a votare ci andò un romano su due o poco più. Il caso ha voluto, poi, che nelle stesse ore in cui nella Capitale i (pochissimi) cittadini si recavano alle urne, i principali quotidiani nazionali davano un'enorme enfasi alla manifestazione "SìTav" di Torino. Città diverse, senza dubbio. Ma abbastanza da definire 40mila persone in piazza Castello una "moltitudine" (o addirittura una "spallata al governo") e i partecipanti al referendum (dieci volte tanto) solo "quattro gatti"? E perché, allora, la manifestazione al Campidoglio di qualche settimana fa (in piazza alcune migliaia di persone) è diventata la "prima grande protesta di massa contro i Cinquestelle"? Questo non per difendere il referendum o i suoi organizzatori. Ma solo perché chi si illude oggi di essere in qualche modo rappresentativo dell'84% dei romani che hanno deciso di rimanere a casa fraintende gravemente la realtà. Che è molto più drammatica: la democrazia italiana ha un profondo deficit di partecipazione. Se ne sono resi conto anche i Cinquestelle, che non a caso discutono di abolire o abbassare il quorum per la validità dei referendum. Ci governano, insomma, dei populisti senza popolo alle spalle. E fanno opposizione dei partiti incapaci di intercettare i voti in uscita dalla maggioranza e di riportare alle urne anche uno solo degli astenuti. E' questo il vero nodo, la vera emergenza da affrontare. Assai più della (sfumata) privatizzazione dell'Atac.