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Beniamino Zuncheddu: in carcere ho sempre pensato alla libertà

Modena, 22 mag. (askanews) - "Non ho mai pensato di uccidermi, ma ho sempre pensato alla libertà". Forse è questa forza d'animo che ha sostenuto Beniamino Zuncheddu nei 33 lunghi anni trascorsi in carcere da innocente. L'ex pastore sardo - condannato all'ergastolo per la strage di Sinnai - ha riottenuto finalmente la libertà con la sentenza della Corte d'appello penale di Roma lo scorso 26 gennaio. Della sua vicenda e dei clamorosi errori giudiziari ad essa legati si è parlato al Festival della Giustizia penale di Modena. A intervistarlo sul palco Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, ideatori del portale "Errorigiudiziari".

Ma come si fa a sopravvivere chiusi per oltre tre decenni in una stanza sovraffollata, senza poter fare nulla di quello che si vorrebbe fare, sapendo di essere innocenti?

"Cercare di portare fuori la mente, perché il corpo è dentro ma la mente è sempre fuori, pensa sempre alla libertà" ha spiegato Zuncheddu a margine dell'incontro. Ci credevo perché ero e sono innocente, l'ho sempre detto: prima o poi la verità dovrà uscire".

Sul palco anche il suo avvocato, Mauro Trogu, che ha raccontato di quando lo ha incontrato la prima volta. "Era rassegnato all'idea di trascorrere la sua vita in carcere ma allo stesso tempo era fermo nella volontà di non assumersi responsabilità per fatti che non aveva commesso. Quando nel corso delle indagini sono emersi elementi importanti per sostenere la revisione, in lui è rinata la speranza".

"Poi con l'intervento della Procura di Cagliari che ha riaperto il caso ha visto acquisire ulteriori decisivi elementi probatori a suo discarico, lì la speranza è diventata qualcosa di più, è diventata proprio un desiderio quasi irrefrenabile di sentirsi proclamare innocente - ha spiegato Trogu -. Quindi avevamo una persona combattuta tra la speranza, l'ansia, e la sofferenza di dover aspettare ancora in carcere. E' stato un periodo molto complesso".

Dopo tutto questo si può ancora avere speranza nella giustizia?

"Credo che non abbia molto senso parlare di speranza nella giustizia - ha detto il suo difensore -, ma ha senso parlare di speranza nell'incontro con bravi magistrati. Sapendo, però, che c'è il rischio di incappare in situazioni meno garantite".

La famiglia di Beniamino gli è sempre stata vicino, anche il piccolo paese di Burcei ha sempre creduto nella sua innocenza tanto che alla sua liberazione gli ha organizzato un festa con tanto di fuochi d'artificio. Adesso cosa sta facendo?

"Per il momento non sto facendo niente, sto facendo delle cure perché dentro in carcere non mi hanno curato - ha detto Zuncheddu -. Anche questo fa parte delle ingiustizie. Anche io ero e sono un essere umano come tutti loro, come tutti quelli che ci sono lì".

Servizio di Paolo Tomassone

Montaggio Alessandra Franco

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