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Diffamazione Meloni, Roberto Saviano condannato a 1000 euro

Roma, 12 ott. (askanews) - Roberto Saviano è stato condannato per diffamazione nell'ambito del processo seguito alla denuncia presentata dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Lo scrittore dovrà pagare mille euro di multa. Gli sono state riconosciute le attenuanti generiche. Le contestazioni riguardavano il fatto che Saviano, durante una puntata di 'Piazzapulita' andata in onda su La7 nel dicembre 2020, e dedicata al tema dei migranti, si riferì all'allora parlamentare di Fratelli d'Italia chiamandola 'bastarda'. La condanna è stata di molto minore rispetto a quanto prospettato dalla Procura in sede di requisitoria che aveva chiesto con il pm Pietro Pollidori una pena a 10mila euro per lo scrittore. Il giudice monocratico del tribunale della Capitale ha spiegato che in favore di Saviano sono andate le attenuanti generiche per l'avere "agito per motivi di particolare valore morale". In favore è stata concessa anche la sospensione della pena e la non menzione nel casellario giudiziario. Il difensore di Saviano, l'avvocato Antonio Nobile, ha annunciato il ricorso in appello.

"Perdere oggi è esempio di domani, porta ancora di più a capire in che situazione stiamo vivendo, con un potere esecutivo che cerca continuamente di intimidire chiunque racconti le loro bugie" ha detto Saviano appena fuori il tribunale di Roma. "Oggi sono fiero di aver fatto questo processo, il giudice ha riconosciuto un aspetto morale e questo mi ha fatto sorridere. Ho notato moltissimo in questi mesi il tentativo continuo, basta vedere la cancellazione della trasmissione, di questo governo di fermare, intimidire non tutti, ma solo coloro la cui voce temono. Esattamente come fa Orban".

Quindi lo scrittore e saggista ha spiegato: "La parte civile ha chiesto 70 mila euro: uno degli obiettivi di questo governo è mettere le mani addosso economicamente a chi li contesta. Questa macchina politica non si fermerà. Ho ancora processi con Salvini e con i loro amici. Non mollo contro queste bande".

Insomma non "c'è onore più grande per lo scrittore che vedere le proprie parole portate a giudizio, perché il capo del governo le teme. Questo processo l'ho ritenuto una intimidazione, lo è pienamente. Loro si difendono utilizzando l'immunità parlamentare e agendo da banda quali sono. Chi invece li critica viene portato a giudizio e costringono la magistratura a perimetrare gli spazi entro cui potersi esprimere".

"Mi manca molto Michela Murgia che è stata qui per tutte le udienze" ha aggiunto lo scrittore.

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