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Coppa Davis, l'Italia fa il bis. Azzurri sul tetto del mondo

Luca De Lellis

E se ci avessero detto – anche solo un lustro fa – che l’Italia tennistica avrebbe agguantato due Coppe Davis consecutive, considerando che mancava dal 1976, quale strana smorfia avremmo corrisposto? E se, addirittura, si fossero spinti fino a suggerirci una doppietta maschile e femminile nello stesso anno – data la recentissima impresa nella Billie Jean King Cup di Jasmine Paolini&Co – li avremmo perlomeno etichettati come sognatori utopisti. Invece è tutto vero. Ed è tutto già parte indelebile della storia del nostro sport. L’Italtennis è sul tetto del mondo, grazie alle finali di Coppa Davis 2024 dominate dall’asse stellare Sinner-Berrettini. La finale vinta ai danni dell’Olanda nella Martin Carpen Arena di Malaga poteva apparire ai più come scontata, quasi dovuta nell’ottica dell’enorme dislivello tra le forze in campo. Vero, ma nascondeva anche delle insidie visto il periodo felice dei due singolaristi “orange”.

Invece, Botic van de Zandschulp è stato annichilito da un Matteo Berrettini parente più che stretto di quel numero 6 del mondo che tanto ci fece sognare con la finale a Wimbledon 2021: 6-4, 6-2 in 1 ora e 13 minuti di tennis celestiale da parte del romano. Se lo merita Matteo, per la sofferenza di aver solo potuto assistere lo scorso anno al trionfo dei suoi compagni e, al contempo, per la gioia che aveva mostrato per loro. Jannik nel corso dei festeggiamenti l’aveva promesso al suo amico – hanno stretto molto specie nell’ultima stagione – che sarebbero tornati qui per lui. E così è stato. Matteo ci ha messo il suo amore per la maglia azzurra, la sua energia positiva e la sua miglior versione tennistica possibile per chiudere, in maniera perfetta e piangendo dall’emozione, il suo cerchio personale..

  

Mentre Jannik Sinner, che altro poter aggiungere sul fuoriclasse altoatesino. Forse che ormai vive in un mondo tutto suo, dove non perdere un set per tredici (!) partite pare quasi un gioco da ragazzi. Il suo è un finale di stagione – se partiamo dalla vittoria degli US Open (o ancor prima da Cincinnati) – semplicemente da fantatennis. Concluso a suo modo, regolando 7-6(2) 6-2 in 1 ora e mezza un Tallon Griekspoor in versione leone mai domo. Sono loro gli eroi delle finali di Malaga 2024, vista l’apparizione insoddisfacente di Musetti come primo singolarista nei quarti con l’Argentina, e la presenza solo per far gruppo dell’assodata coppia doppista Bolelli-Vavassori. La scelta di capitan Filippo Volandri di affidarsi quasi completamente alle sue due punte di diamante ha fruttato un’altra “insalatiera”, la terza dopo l’exploit di Panatta-Barazzutti-Bertolucci e l’impresa contro l’Australia del 2023 (ma soprattutto contro la Serbia in semifinale: quella dei match point annullati miracolosamente da Sinner a Djokovic).

L’Australia è capitata sul nostro cammino anche quest’anno, ma nel penultimo atto, caduta sempre per mano di Berrettini – battaglia all’ultimo sangue con Kokkinakis spuntata al terzo set, merito anche di un passante gioiello sul 5-5 – e Sinner, che ha fatto di un sol boccone un De Minaur sembrato – come molti a dir la verità quest’anno – impotente di fronte alla superiorità manifesta dell’altoatesino numero 1 del ranking Atp. Alla fine l’osso più duro da scardinare per l’Italia è stata l’Argentina ai quarti, per “colpa” di un Musetti sciolto dalla tensione e sportivamente massacrato da un solidissimo Francisco Cerundolo. Situazione aggiustata poi, manco a dirlo, dal duo Sinner-Berrettini che si è reinventato anche in un doppio eccellente che ci ha consegnato il punto decisivo. Tutto normale, anche perché bisogna ricordare che il talento cristallino di Carrara solo qualche mese fa ci regalava un bronzo olimpico, a cui va aggiunto anche l’oro della coppia femminile Paolini-Errani. Insomma, cala il sipario sull’infinito anno tennistico e urge un bilancio sul nostro tennis: si può dire che la vittoria della Coppa Davis sia la conclusione più logica di un 2024 che ha consacrato l’Italia come regina mondiale del tennis. Davvero, chi l’avrebbe mai detto?