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Parigi 2024, non si dorme, non si mangia, fa caldo e non ci si sposta: il flop dei giochi di Macron

Edoardo Sirignano
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Altro che spedizione olimpica. Quella in Francia, per gli atleti impegnati, è un vero e proprio viaggio della speranza. Non si dorme, non si mangia e non ci si sposta. A dirlo non i criticoni, ma gran parte delle federazioni, per cui la kermesse parigina sarebbe la peggiore degli ultimi cinquanta anni. A parte la cerimonia o meglio il pride di inaugurazione, con tanto di Ultima Cena queer, non c’è sportivo che, in questi giochi, non si è lamentato per un’organizzazione scadente. Il caso eclatante è quello della Senna, dove fino a qualche giorno fa abbondavano enterococchi ed escherichia coli. Più di qualche nuotatore pronto a rinunciare alle gare di fondo. La paura di fare la fine del povero Tyler Mislawchuk, il canadese che dopo la gara del triathlon, ha vomitato dieci volte prevale tra chi certamente non si è sacrificato cinque anni per una gara di sopravvivenza. Parola indovinata, considerando i disagi avvertiti, ogni giorno, nel Villaggio Olimpico. Basta d’altronde ascoltare le ultime dichiarazioni di Thomas Ceccon. Il vincitore dei 100 dorso, dopo essere stato escluso a sorpresa dalla finale dei 200, rivela come la colpa non sia della preparazione o di avversari super-dotati, come la pugile iper-androgina, ma di un soggiorno alquanto discutibile. «Non c’è aria condizionata, fa caldo e si mangia male», aveva dichiarato ai giornalisti dopo l’inattesa debacle nella doppia vasca. «Molti atleti si spostano per questo motivo: non è un alibi, ma la pura cronaca di ciò di cui forse non tutti sono a conoscenza».

 

 

Caratteristica di questa edizione a cinque cerchi, ad esempio, i «letti di cartone», di cui si è lamentata Simon Biles, la campionessa della ginnastica, che su Tik Tok, ha rivelato di essersi portata un coprimaterasso per migliorare la qualità del sonno. Questo, però, non è il peggior disagio. La tennista statunitense Coco Gauff, ad esempio, si è lamentata per i bagni: due per nove donne. Per non parlare, poi, del cibo servito alla mensa olimpica. Altro che novelle cuisine. Gli inglesi lamentano carenza di uova, carboidrati e carne. La British Olympic Association ha dovuto assumere un proprio chef. Altrimenti i propri iscritti sarebbero rimasti a stomaco vuoto. Finanche l’acqua è un bene prezioso in quel di Parigi. Il nostro tennista Musetti spiega come, dopo una gara, è quasi impossibile trovare una bottiglia d’acqua fresca: «Sono favorevole all’uso delle borracce e non della plastica, ma a un’Olimpiade è incredibile che, con queste temperature, non ci venga dato da bere. Anche l’arbitro era sorpreso». Per comprarla in un bar, come riferiscono i turisti, che affrontano almeno 45 minuti di coda, si possono spendere anche sei euro.

 

 

Altra impresa, infine, il raggiungimento delle strutture, una Mission Impossible alla Tom Cruise. A parte gli autobus fatiscenti, caldi e lenti, messi a disposizione dall’organizzazione, bisogna affrontare gincane per arrivare sul ring o in piscina. Chi è ricco, dunque, si prende, a proprie spese, l’hotel o il pulmino privato. Anche questo è un vantaggio in gara. Uguaglianza e spirito olimpico, nei giochi di Macron, non sembrano andare di moda.

 

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