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Derby di Roma con vista sull'Europa. Vecchie cabale e nuove virtù

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Tiziano Carmellini
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Ci siamo! Il derby finalmente si gioca dopo quella che tradizionalmente è stata la settimana più lunga per gli amanti del calcio nella Capitale. Roma e Lazio si affrontano in campo questo pomeriggio, ma la partita, quella che conta davvero per le dinamiche e gli umori della città, è iniziata già da giorni in nome della tradizione. Si gioca nei bar tra un cappuccino e un cornetto, negli uffici tra riunioni e pause pranzo così come nei circoli tra un padel e un calcetto. Di calcio poco, la stracittadina si gioca su battute, modi di dire e una cabala tutta romana che parte dal solito «vincete voi», al più classico «quest’anno nun ve ferma nessuno».

 

 

Da una parte i laziali che mugugnano sui recenti infortuni e sull’assenza dell’uomo derby per eccellenza: Zaccagni autore degli unici due gol delle ultime tre stracittadine due delle quali vinte proprio dai biancocelesti per 1-0. Dall’altra i romanisti che piangono, pure loro, sul recente passato visto che sono usciti con le ossa rotte dalle ultime quattro sfide: tre sconfitte e un pari. Insomma tra i tifosi è una partita a traversone, gara a fare il «poverello» visto che la tradizione premia la squadra che ci arriva peggio. Altro che legge dei grandi numeri. News poche, anche in campo, dove l’unica novità rischiano di essere gli allenatori, Daniele De Rossi e Igor Tudor, per la prima volta sulle rispettive panchine nella partita più pesante dell’anno. L’unica speranza che unisce tutti alla vigilia è che sia solo una partita di calcio e che la Capitale non si debba vergognare ancora una volta.

 

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