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Calcio italiano in crisi, così brucia soldi e giovani: le cifre del declino

Christian Campigli

Profondo rosso. Ad un passo da un clamoroso fallimento. L'architrave economico sul quale si regge il calcio italiano non è, semplicemente, più sostenibile. O ci saranno delle svolte nette, e non le solite chiacchiere da bar, o si rischia la catastrofe. Oltre 4 miliardi di debiti in 12 anni, in pratica un milione di euro al giorno. Quattro società su cinque con bilanci in perdita. Un costo del lavoro aumentato "in modo spropositato" che, al netto delle plusvalenze, rappresenta il 92% del fatturato complessivo dei club. Questi "i dati impietosi" contenuti nella dodicesima edizione del ReportCalcio, il documento sviluppato dal Centro Studi Figc in collaborazione con Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC Italia (PricewaterhouseCoopers), presentato dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, negli studi di Sky Sport e riportato questa mattina dall’agenzia di stampa Agi.

 

  

 

"Questi dati sono un monito importante per il nostro mondo - ha spiegato il numero uno della Figc - Abbiamo attraversato un momento di grande criticità sotto il profilo dell'indebitamento e negli ultimi 12 anni abbiamo accumulato 4,1 miliardi di euro di rosso aggregato. Il costo del lavoro continua a crescere e oggi impatta sul valore della produzione per il 66%, che purtroppo diventa il 92% al netto delle plusvalenze. La pandemia ha esacerbato queste difficoltà: è evidente che serve una rivoluzione culturale per mettere sotto controllo i costi”.

 

 

Nel 2020-2021 il valore della produzione della Serie A si è attestato al di sotto della soglia dei 3 miliardi di euro (2,996 miliardi di euro, -1,4%). I ricavi da ingresso stadio ammontano ad appena 28,5 milioni, in decremento di 209,9 rispetto al 2019-2020 e di 272,5 in confronto al 2018-2019 (ultima stagione pre-pandemia). Va poi ricordato come negli ultimi 15 anni in Europa siano stati realizzati un totale di 187 nuovi impianti, con un investimento pari a 21,7 miliardi di euro; le principali nazioni in termini di nuovi stadi sono Turchia e Polonia (29 impianti), Germania (17) e Russia (16). In Italia sono appena cinque (Juventus, Udinese, Frosinone, Albinoleffe e Sudtirol), per colpa della crisi e della burocrazia. Una situazione drammatica, quella del nostro football, che si evidenzia anche nel calciomercato estivo: pochissimi colpi, qualche campione di ritorno e un numero altissimo di calciatori di media levatura andati a scadenza e, attualmente, ancora disoccupati.