il caso
Djokovic confessa e rischia il carcere. Il giallo dei tamponi inguaia il tennista
Si complica la posizione di Novak Djokovic che finisce al centro di un nuovo giallo e vede sempre più a rischio la sua partecipazione agli Australian Open. Anche la Serbia sembra abbia smesso di difenderlo mentre spuntano 'incongruenze' sulle date e sui test eseguiti che non fanno che alimentare dubbi e sospetti. In un lungo post il numero uno del tennis mondiale ha ammesso di aver violato l'isolamento fiduciario al Covid, scusandosi per avere rilasciato un'intervista al quotidiano francese 'L'Equipe' mentre sapeva di essere positivo al coronavirus.
Novak si è difeso sottolineando che c'è stato un errore nella compilazione del documento di immigrazione consegnato al suo arrivo a Melbourne. Lo sbaglio è, stando al tennista serbo, da attribuire al suo agente che ha compilato in maniera errata il formulario in cui si dichiarava che Djokovic non aveva viaggiato nei 14 giorni precedenti il suo arrivo in Australia. In quelle due settimane precedenti invece l'ateta era stato visto in Spagna e in Serbia.
"Il mio agente si scusa ma questo è stato un errore umano di certo non deliberato", ha fatto sapere Djokovic nel lungo post su Instagram aggiungendo che il suo team ha fornito informazioni aggiuntive al governo australiano per chiarire la vicenda. Questo di fatto non fa che allungare i tempi per la decisione sul visto. Le autorità australiane dell'immigrazione stanno esaminando infatti una serie di errori e discrepanze relative al test per il Covid-19 di Djokovic.
L'indagine, fa sapere la stampa locale, è stata ampliata per includere non solo la violazione delle regole sull'isolamento in Serbia e le dichiarazioni errate sul formulario di ingresso in Australia relativo ai viaggi ma soprattutto alcune 'incongruenze' sulla data del suo test per il Covid-19. Djokovic ha affermato di avere ricevuto il risultato positivo di un test molecolare per il coronavirus il 17 dicembre, dopo avere effettuato il test il giorno prima, ma nella deposizione scritta giurata in tribunale il tennista avrebbe parlato di 'test e diagnosi' il 16 dicembre. La pena massima per avere fornito questa dichiarazione falsa, in base al Crimes Act, è di cinque anni di carcere, come riportano i quotidiano australiani.
Ma su Djokovic viene gettata un'ombra ancora più scura dalla stampa tedesca. Secondo 'Der Spiegel', che ha avviato una sua personale indagine, il test positivo datato 16 dicembre, e presentato dal serbo per l'esenzione, non risalirebbe affatto a quella giornata ma al 26 dicembre. Il test di metà dicembre ha, come tutti, un determinato numero progressivo e nei documenti rilasciati viene indicato che il risultato si è avuto attorno alle 20. Di norma l'inserimento nel database, scrive il giornale tedesco, è pressoché immediato così da generare una numerazione progressiva. Ma il 'timestamp' del tampone positivo fornisce ben altro risultato: il 26 dicembre alle 14.21 appunto. Ovvero, dieci giorni dopo che Djokovic e i suoi avvocati hanno segnalato il giorno dell'infezione. Un vero giallo. Gli avvocati di Djokovic hanno presentato un secondo test negativo, per dimostrare che da allora il tennista si era ripreso dalla sua malattia Covid-19, test che risalirebbe al pomeriggio del 22 dicembre. Anche qui la tempistica di quel test è confermata dal timestamp digitale.
In questa intricata vicenda sembra aver preso una posizione chiara il premier serbo, Ana Brnabic. Diverse ore prima che Djokovic ammettesse i suoi errori, ha fatto sapere alla alla Bbc che sarebbe "una chiara violazione delle regole" se la star del tennis Novak Djokovic fosse uscito in pubblico, infrangendo ciosì la quarantena, dopo un test Covid positivo. Poche ore dopo Novak ha dato le sue ragioni. Ora si attende il verdetto prima della compilazione del tabellone. "Ha ragione Nadal, ci sono delle regole. Poteva vaccinarsi. E l'Australia ha fatto un casino", ha dichiarato l'icona del tennis italiano, Adriano Panatta. "Djokovic si è comportato in maniera un po' troppo disinvolta, sperando che la sua situazione lo potesse aiutare. Ma di questa cosa - ha concluso l'ex azzurro - non se ne può più. Si decida se deve o non giocare. E' un torneo di tennis, non mettiamola sul discorso politico".