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Suarez, Superlega e bilanci, Agnelli non ne azzecca una

Fabrizio Cicciarelli
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Più nero che bianco in casa Juventus. La crisi sportiva, certificata dalla sconfitta contro il Sassuolo, fa il paio con il momento di difficoltà del club, amplificato dalla pandemia, con un bilancio in rosso per 210 milioni, secondo nel calcio italiano solo al -246 appena registrato dall’Inter. Si tratta del peggior risultato nella storia del club bianconero, al quarto esercizio consecutivo in perdita. Sarà ripianato da un aumento di capitale da 400 milioni, il secondo in due anni, un periodo delicato per l’era targata Andrea Agnelli.

Dal rilancio post Calciopoli iniziato con l’intuizione dell’ingaggio di Conte e coronato da 9 scudetti, la gestione del presidente bianconero si è ritrovata alle prese con una repentina inversione di tendenza nei risultati, riverberatasi nei conti, fino al flop della Superlega, passando per le scorie del caso Suarez e la recente indagine della Figc sulle plusvalenze nelle compravendite di calciatori. «Ogni operazione è comunicata - chiarisce il manager - essendo quotati in Borsa, c’è massima collaborazione e massima serenità».

Agnelli ha illustrato la situazione del club nell’assemblea degli azionisti, l’unica in presenza tra le società quotate in Borsa, riunita per l’occasione tra il prato e la tribuna dell’Allianz Stadium. «Nel ciclo 2014-18 - ha precisato il presidente - avevamo un fatturato costantemente sopra i 400 milioni. Con l’ultimo aumento di capitale volevamo iniziare un piano espansivo per consolidare i risultati, poi nel febbraio del 2020 il mondo si è fermato con l’arrivo del Covid». Il virus ha cambiato le strategie, ma Agnelli rilancia ancora su quella strada. «Il piano del 2019 era credibile ieri e lo è oggi - aggiunge - e ha le carte in regola per ripartire grazie all’aumento di capitale che sottoponiamo».
Nessun ripensamento sulla Superlega: a chi critica la formula chiusa della competizione ha risposto che «il puro merito sportivo è stato abbandonato nel 1991, quando si è deciso che la quarta classificata di un paese ha più diritti di una squadra campione di un altro», auspicando un dialogo costruttivo in attesa che in merito si pronunci la Corte di giustizia dell’Unione Europea.

Eppure lo «scisma» dalla Uefa si era risolto in un nulla di fatto, con la Juve rimasta - insieme a Real Madrid e Barcellona - sotto il vento delle critiche di tifosi e addetti ai lavori in un anno già reso scivoloso dai riflessi del caso Suarez, in cui la società non è coinvolta, oltre che dai risultati sportivi in controtendenza rispetto alla precedenti annate.

Un andamento riguardo cui, in assemblea, il vice presidente Pavel Nedved ha voluto replicare alle critiche degli azionisti. «Non si può svolgere un ruolo così prestigioso - la risposta del dirigente - essendo solo amico del presidente. Ci sono critiche giuste da parte vostra, non sempre il mio comportamento è stato al massimo ma fa parte del mio carattere. Sentire le vostre parole mi fa male».

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