Sms, stipendi e bugie: così Gianluca Petrachi ha vinto la causa contro la Roma
Un antipasto della verità processuale. Nelle pieghe della causa vinta dall’ex direttore sportivo Gianluca Petrachi, che ha visto accogliere dal Tribunale Ordinario di Roma - Sezione Controversie di Lavoro il suo ricorso contro il licenziamento per giusta causa subìto dal club giallorosso nell’estate 2020, emergono retroscena su quanto accaduto a Trigoria e dintorni in quei mesi complicati.
SMS INCRIMINATO
In attesa di scoprire le motivazioni della sentenza di primo grado letta in aula lo scorso 12 febbraio, che ha condannato la Roma a pagare un risarcimento danni di 5 milioni di euro a Petrachi, emergono alcune fonti di prova ammesse dal giudice Paolo Mormile nell’ordinanza istruttoria da lui stesso firmata, tra cui alcuni sms. Da ricordare che la Roma - aggiungendo un’altra serie di accuse - ha deciso di licenziare il dirigente dopo che lo stesso inviò all’allora presidente James Pallotta due messaggi. Nel primo scrisse testualmente: «Buonasera Presidente, mi dispiace constatare che lei è un piccolo uomo... Ho sperato tanto di poterla rappresentare qui a Roma per poterle far fare bella figura e non farle rubare i soldi che hanno fatto in tanti. Evidentemente non mi sono fatto capire ed apprezzare abbastanza. Ora le conviene mandarmi via perché dopo quello che ha voluto fare maniera vile non potrò più esserle d’aiuto».
Dall’ordinanza emergono particolari interessanti. Il giudice ricorda innanzitutto che la reazione di Petrachi fu scatenata da un’intervista di Pallotta al sito ufficiale del club. Non sentendosi nominato tra coloro che avevano meriti per il lavoro che stava svolgendo la Roma, il diesse perse le staffe. «Nella primavera del 2020 - scrive Mormile descrivendo il contesto di quei fatti - si rincorrevano le voci di una mancata conferma del ricorrente (Petrachi, ndr) nel ruolo di Direttore Sportivo di AS Roma, nonostante il contratto di lavoro terminasse nel 2022. La società non si è mai preoccupata di metterle a tacere, anzi, alla prima occasione utile il Presidente lo ha ignorato apertamente. (...) Né può avere valore alcuno il tentativo – contenuto nella lettera di licenziamento - di sminuire la portata lesiva dell’intervista di Pallotta (...) giacché è del tutto evidente che l’intenzionale omissione del Presidente ha avuto l’effetto - immediatamente recepito dai media - di isolare e danneggiare il ricorrente».
Letta quell’intervista, secondo la ricostruzione fatta dal giudice, Petrachi ha espresso il suo malcontento all’amministratore delegato Guido Fienga, «il quale - si legge ancora nell’atto - gli ha manifestato dispiacere per l’accaduto mostrando piena consapevolezza della portata lesiva della condotta del presidente Pallotta. Inoltre il ricorrente ha anticipato al dr. Fienga il testo del messaggio che avrebbe inviato al Presidente, senza ricevere alcun appunto nel merito. È, quindi, del tutto contraddittorio che lo stesso AD ritenga a posteriori il messaggio offensivo». Poi Pallotta «ha capito immediatamente il motivo del rammarico mostrato dal ricorrente nel suo messaggio, come dimostra la sua risposta. Dopo il secondo messaggio del sig. Petrachi, con cui ha chiesto al Presidente un incontro per programmare l’attività, lo stesso James Pallotta ha chiuso la vicenda con un messaggio» inviato a Petrachi, «con cui ha negato vi fossero attriti, trattandosi di “fake news”».
IL CASO STIPENDI
Il giudice ricorda che «la Società lamenta il fatto che durante il cd. Lockdown il ricorrente sia rimasto presso la propria residenza in Puglia con la famiglia, disinteressandosi dei calciatori e dei collaboratori del settore tecnico». Ma a questa accusa Petrachi si oppone ricordando un suo intervento nella spinosa vicenda degli stipendi che la Roma, come altre società, ha chiesto di posticipare e in parte decurtare ai calciatori durante la sospensione del campionato per la pandemia. Detto che lo stesso diesse ha accettato di rinunciare a 100mila euro netti, il dirigente è «intervenuto sui giocatori per persuaderli ad accettare la riduzione di stipendio richiesta (...). Il ricorrente, infatti, è stato contattato dall’AD Guido Fienga il quale oltre a chiedergli di rinunciare alla retribuzione del mese di marzo 2020 gli ha chiesto anche di occuparsi dei cinque calciatori sudamericani restii ad acconsentire alla richiesta del club intervenendo sul giocatore Fazio che aveva influenza sugli altri quattro. Il ricorrente, pur non essendo affatto tenuto a svolgere tale compito, è intervenuto convincendo Federico Fazio, tramite il suo agente Salvador Sanchez, ad accettare la riduzione richiesta e a persuadere i compagni che, infine, hanno acconsentito».
I SALUTI DEI GIOCATORI
La difesa di Petrachi ha inoltre allegato i testi di una serie di sms di calciatori e dipendenti che hanno salutato con parole affettuose il direttore sportivo dopo il suo licenziamento. «Caro direttore - gli scrisse Veretout secondo l’ordinanza - sono molto dispiaciuto della situazione che si è venuta a creare. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me e ti sarò sempre riconoscente. Spero che al più presto esci da questa brutta situazione che non meriti e possa ritornare a fare al meglio il tuo lavoro e magari ci rincontriamo, perché come ho sempre detto a Mario (il suo agente Giuffredi, ndr) ti reputo una persona vera». E tra i saluti di Mkhitaryan, Diawara, l’autista Fabrizio spuntano anche quelli dell’attuale team manager Valerio Cardini («Mi hai dato modo di crescere e confrontarmi con un professionista come te») e dell’allora head of production Juma Qaddourah: «Caro direttore mi è dispiaciuto davvero tanto per come è andata a finire…hai comunque messo le basi per cambiare la mentalità che c’è qui!! Sei una gran bella persona e sono sicuro che farai bene ovunque tu andrai».
INTERVISTE
A Petrachi vengono inoltre contestate alcune dichiarazioni pubbliche. La società si è ad esempio lamentata di quando Petrachi, al termini di Roma-Cagliari, dichiarò a proposito di un fallo fischiato dall’arbitro a Kalinic: «È un gioco di calcio, non è un gioco di signorine». Ma il giudice sottolinea che il diesse «non ha inventato nulla, poiché “Il calcio non è uno sport per signorine” è un famoso modo di dire detto coniato nel 1909». C’è poi il caso dell’intervista concessa a Sky a giugno 2020, ma andata in onda dopo quattro giorni utilizzati, a detta di Petrachi, dall’ufficio comunicazione della Roma e dai giornalisti di Sky «per valutare quali parti mandare in onda. La società, ad esempio, ha deciso di tagliare le parole con cui il ricorrente ha manifestamente sostenuto il Presidente Pallotta». Da ricordare che in quell’intervista l’ex diesse accusava la squadra di scarso impegno negli allenamenti post-lockdown.
Nell’ordinanza si parla inoltre delle due inchieste della procura federale poi archiviate riguardo al passaggio di Petrachi alla Roma quando era ancora un tesserato del Torino. «Non si comprende quindi come il club - sostiene il giudice - possa contestare tale fatto al ricorrente, tanto più che, nel caso in cui i fatti fossero stati accertati, AS Roma sarebbe stata responsabile al pari del ricorrente per aver usufruito dell’attività di un dipendente del Torino». Ma non finisce qui.