TENNIS
Berrettini: spero di tornare a giocare presto
Matteo Berrettini, numero 8 del mondo della classifica ATP sta vivendo la quarantena per il Coronavirus a Boca Raton, in Florida, a casa di Ajla Tomljanovic, la tennista croata, naturalizzata australiana. «Anche qui la situazione è un pochino migliore. Non c’è stato un Lockdown così restrittivo come in Italia, ma abbiamo comunque seguito delle regole abbastanza ferree» dice il tennista romano nell’intervista a Extratime, su Radio 1 Rai. «Siamo riusciti ad allenarci perchè abbiamo una casa che ci consente di fare esercizio fisico e abbiamo avuto la possibilità di andare a giocare a tennis in una casa privata. Pochi giorni fa ho preso una storta alla caviglia, ma è una cosa leggera. E quindi sto continuando a lavorare senza giocare per recuperare da questo leggero infortunio» rivela Berrettini che sulla possibilità di tornare a giocare se questa sarà la decisione presa tra qualche giorno dall’ATP dice: «Le indicazioni sanitarie dovranno darle gli esperti. Credo sia molto difficile permettere ad una nazione di ospitare un evento con 400-500 atleti che arrivano da 80 paesi diversi, ma spero tanto di sbagliarmi e spero che in un futuro prossimo si possa giocare e si possano riprendere le attività perchè il mondo ne ha bisogno» afferma Berrettini. «Le uniche condizioni che vedo possibili sono giocare a porte chiuse, evitare tutti i contatti non necessari a partire dalla stretta di mano fra gli atleti e con l’arbitro e gli asciugamani che non devono essere toccati dai raccattapalle. Un tennis diverso da quello al quale siamo abituati, ma senza stravolgere le basi: giocare con un guanto di lattice, ad esempio, non può essere la stessa cosa perchè si perde completamente la sensibilità sulla racchetta e credo non si possa fare». Quindi sulla sua crescita cone giocatore, aggiunge: «Mi sento completo su tutte le superfici, ma i questo momento se dovessi giocare la partita della vita la giocherei sul cemento all’aperto. Perchè è una superficie veloce che esalta le mie armi, servizio e dritto, ma non è così veloce come l’erba dove puoi cambiare un pochino meno la traiettoria e il gioco è più piatto e con meno variazioni. Sull’erba si può usare lo Slice ma meno il Top Spin mentre sul cemento la palla rimbalza molto e mi piace avere questo tempo in più che mi permette di sfruttare bene il mio gioco». - Rivivendo l’accesso alla semifinale degli Us Open, 42 anni dopo Barazzutti, racconta: «Mentre sei nel torneo o cerchi di vincere più partite possibili, ma la cosa difficile è gestire il dopo ed è lì che arriva il momento di crescita. Avevo fatto una stagione buona, ero salito dal numero 50 al numero 25 del mondo, ma non mi aspettavo di fare un simile risultato in uno Slam. E tutto quello che è arrivato dopo, l’ondata mediatica, il pensiero delle Finals di Londra e il fatto di dover continuare a giocare malgrado mi sentissi un pò stanco: sono tutte cose che non avevo mai provato e che mi hanno fatto crescere tantissimo dal punto di vista umano e tennistico». Berrettini è ancheil primo tennista italiano che riesce a qualificarsi per le Finals dai tempi di Panatta e Barazzutti e soprattutto il primo italiano in assoluto a vincere un match (contro Thiem, ndr). «Alle Finals sono arrivato stanco, ma ha pesato soprattutto il fatto che fosse la mia prima esperienza. mentre gli altri erano pronti a gestire quel tipo di tensione e di pressione. Ma per me è stato un grandissimo traguardo e sono orgogliosissimo di quello che ho fatto, anche perchè era tantissimo tempo che un italiano non si qualificava. È stata un’esperienza molto intensa e credo che meglio di così, viste le condizioni , non potessi fare in un giorno molto difficile con Djokovic, Federer e Thiem. Ovviamente quando si arriva lì bisogna giocare con i migliori, ma loro come caratteristiche mi danno molto fastidio dal punto di vista tecnico. Matteo, poi, non ha dubbi, l’avversario più ostico da affrontare è Novak Djokovic, «perchè le sue caratteristiche migliori si incastrano bene con le mie. Ha una risposta sul servizio pazzesca e quindi riesce, la maggior parte delle volte, a neutralizzare la mia battuta. E poi quando tento di fare male con il dritto lui si muove molto molto bene e quindi fronteggia bene anche quella parte del mio gioco e per me diventa difficile costruire il punto e cercare di vincere la partita». Quindi sulle sensazioni provate giocando contro Roger Federer, il suo idolo di sempre, rivela: «Per me giocare contro di lui è sempre stato un sogno e sono contentissimo di averlo realizzato È stata un’emozione bellissima, soprattutto la prima volta che ci ho giocato, sul centrale di Wimbledon. Ero parecchio emozionato e non sono riuscito ad esprimere il mio miglior tennis. La seconda, volte invece, alle Finals di Londra, ero meno emozionato e più preparato e sono riuscito a giocare alla pari».