ANALISI
L'Italia trionfa in tutti gli sport. Solo l'Atletica va piano
L’atletica italiana deve segnare ancora il passo e il confronto sull’asse Berlino-Glasgow, dove si sono svolti gli Europei di nuoto, tuffi, sincro, ciclismo e canottaggio, è quasi impietoso. Il nuoto ha mostrato un grande ricambio, con giovani e giovanissime come la quindicenne romana Chiara Pellacani che insieme ad Elena Bertocchi ha conquistato l’oro nella gara sincro del trampolino 3 metri. Il nuoto ha proposto gli eredi di Federica Pellegrini, Simona Quadarella in particolare, capace di aggiudicarsi tre medaglie d’oro (400sl, 800sl e 1500sl). Il ciclismo, poi, non ha fallito gli assalti con Viviani e, sulla strada, con Matteo Trentin e Marta Bastianelli mostrando un bel risveglio nelle prove in pista, questo grazie anche al lavoro intrapreso da qualche tempo dalla Federazione con i velodromi.Rimane indietro invece l’atletica. Quella di casa nostra appare brava a livello giovanile salvo poi non confermare i talenti che spesso si perdono. A Berlino, il team azzurro era numeroso, 88 gli atleti ma più della metà sono usciti di scena al primo turno. Segno che qualcosa non va, dalla programmazione all’approccio alla competizione. Non possiamo dimenticare che l’atletica è lo sport che dà lustro allo sport di un Paese e oggi l’Italia di campioni veri ne conta pochi. Potremmo fare un confronto con altre nazioni. La Grecia ha vinto 6 (3 ori, 3 argenti 3 un bronzo), la Polonia ha fatto altrettanto bene, 12 medaglie con 7 ori, 4 argento e un bronzo. E i bilanci delle rispettive federazioni sono assai inferiori: 3 e 2 milioni di euro, nulla rispetto ai quanto ha a disposizione la Fidal che può contare su un gettito annuo di oltre 30 milioni tra contributo Coni e sponsor coma la Infront. Va considerato però che la tabella a punti, ossia la somma dei punteggi dei primi 8 classificati, ci vede in sesta posizione. Però, contano le medaglie che sono la vetrina dell’intero movimento, e noi non ci siamo. Occorre rivedere il modello tecnico, lavorare in una direzione più moderna. Il presidente Giomi ha promesso che il mese prossimo tirerà le somme e non è impossibile un cambio di rotta nella gestione del settore tecnico. Berlino ha messo in scena prodigiosi ragazzi, campioni dall’avvenire luminosissimo. Quattro campioni di razza come lo sono Armand Duplantis che non ha ancora 19 anni ma da un paio di stagioni sa volare a quote straordinarie nell’asta. All’Olympiastadion di Berlino il giovanotto svedese con papà statunitense (ed ex astista da 5,98) si è elevato a 6,05 migliorandosi in un colpo solo di 12 centimetri, misura che rappresenta il nuovo record mondiale under 20 ma anche quello assoluto Usa visto che Duplantis ha il doppio passaporto. Neppure lo zar Bubka, alla sua età, era così bravo. Sergey, difatti, si presentò al grande pubblico al Mondiali di Helsinki 1983 da ventenne e per vincere l’oro saltò assai meno. Con lui, il giovane norvegese di diciassette anni, Jacob Ingebrigtsen che si è impossessato dei titoli nei 1500 e 5000 metri con 3’38”10 e 13’17”09, questo primato europeo under 20, davanti al fratello Henrik. Nei 1500 ha battuto il polacco Lewandowski mentre i fratelli del vincitore sono finiti al quarto posto (Henrik, 3’38”50) e Filip dodicesimo con 3’41”66. La loro è un’autentica dinastica e li allena il padre, esattamente come Duplantis.