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Koulibaly porta il Napoli a -1. La Juve precipita in un altro incubo

Silvia Sfregola
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Una capocciata terribile di Kalidou Koulibaly a pochi istanti dalla fine, quando il quarto uomo stava per alzare il tabellone del recupero, ha inchiodato la Juventus alle sue miserie di stagione e l'ha messa di fronte al fatto che la conquista del settimo scudetto consecutivo è una strada ancora lunga e tortuosa soprattutto se il confronto sarà con questo Napoli bello e solidissimo, tosto e cocciuto. Stavolta l'arbitro non c'entra, stavolta non ci sono episodi a cui appigliarsi, stavolta il merito è solo della squadra di Sarri e i demeriti di quella di Allegri: non esistono 'se' e 'ma', non ci sono appigli per legittimare una sconfitta nata da lontano e germogliata minuto dopo minuto. La Juventus è stata poco di tutto e in tutto, il Napoli è stato tutto di più. Resta un punto di vantaggio, ai bianconeri, che sabato andranno a San Siro contro l'Inter, mentre i partenopei saranno di scena domenica a Firenze. La Juventus è stata imprecisa nel giro palla, quasi indolente, distratta da chissà che cosa, il Napoli è stato - da subito - più in partita, ancorché incapace di sfruttare il plus a livello motivazionale. L'infortunio di Chiellini dopo un minuto - e la sua sostituzione dopo 10' - ha tolto parecchio ai bianconeri: dal punto di vista tecnico (Lichtsteiner è stato largamente insufficiente in entrambe le fasi, Howedes in mezzo ha esibito alcuni limiti nell'impostazione) e psicologico. Non proprio una mutilazione ma una menomazione. Il Napoli ha dato l'idea di essere più squadra, di prediligere la manovra per arrivare dalle parti di Buffon non senza fatica, la Juventus come al solito si è affidata ai lampi dei suoi campioni, per la verità un po' fuori registro. Se l'involuzione di Dybala è ormai certificata da fatti e misfatti, la serata confusa di Douglas Costa non era nei piani di Allegri e le difficoltà di Higuain - stretto tra Albiol e Koulibaly - non proprio preventivabili. Pressapoco come l'abulia di Callejon e la solitudine di Mertens, mentre Insigne è stato fin dall'inizio il più pericoloso dei partenopei, assieme ad Hamsik. Il diagonale dello slovacco (a lato di pochissimo sull'imbeccata di Mario Rui) ha pareggiato il palo sporco su punizione di Pjanic. Non conta, invece, il gol annullato sempre a Insigne per un fuorigioco chilometrico. Ad Allegri va dato atto di aver capito che così come aveva impostato la gara, quanto meno con quegli uomini e quella predisposizione farlocca, non avrebbe mai vinto e, anzi, avrebbe rischiato di perdere. E' la ragione per la quale è rimasto nello spogliatoio l'impresentabile Dybala e la ripresa l'ha cominciata Cuadrado, pure lui da considerarsi un potenziale 'scassapartite'. Ma la Juventus si è colpevolmente allungata e negli spazi più ampi il Napoli ha dato la sensazione di porter aumentare il coefficiente di pericolosità, prova ne siano l'esterno della rete di Hamsik e la conclusione al volo di Callejon. Anche Sarri ha provato a dare più pressione alla manovra con un doppio innesto ravvicinato: Milik e Zielinski al posto di Mertens e Hamsik, un punto di riferimento in avanti e un ricambio fresco a centrocampo. Sempre non a caso, è stato Buffon a salvarsi sulla conclusione di nuovo dello spagnolo a cui è stato attribuito un offside in realtà inesistente. E la Juventus? Sempre la solita, poco motivata, molto confusa, decisamente stanca, sulle gambe. Fino alla testata di Koulibaly, perentoria, una sentenza sul campionato.

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