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Europa League, la Lazio batte il Salisburgo 4-2: semifinale più vicina

All'Olimpico sblocca Lulic all'8'

Silvia Sfregola
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Grinta, tattica e tanta qualità con uno stadio caldissimo che spinge i propri giocatori verso l'obiettivo semifinale europea. La Lazio sorride e supera nei quarti di Europa League il Salisburgo per 4-2: un poker che ha il volto di Simone Inzaghi, bravo nel preparare la gara e nell'inserire al momento giusto Anderson (autore del terzo gol). Nel primo tempo Lulic apre le danze, poi Berisha sigla il pari su un rigore molto discusso. Nella ripresa sale in cattedra Parolo, che di tacco fa esplodere l'Olimpico. E se Minamino gela all'inizio i tifosi di casa, Anderson e Immobile siglano un 4-2 che dà grande morale per il finale di stagione. Nelle formazioni iniziali biancocelesti con il solito 3-5-2 e Alberto che supporta Immobile: tra gli austriaci Marco Rose si affida al tandem offensivo composto da Dabbur e Gulbrandsen, mentre sulle corsie esterne ecco Haidara e Berisha. Gli ospiti partono con un buon possesso palla in avvio e cercano Dabbur, ma Luiz Felipe fa buona guardia. La Lazio è pronta a ripartire: prima Luis Alberto dribbla tre uomini ma non trova il cross giusto mentre Immobile sparacchia alto da posizione molto decentrata. Già all'8 però Lulic fa esplodere l'Olimpico: azione sulla destra di Basta che crossa basso in mezzo con il bosniaco che infila Walke da pochi passi. Le Lattine di Salisburgo provano a replicare con Gulbrandsen, ma Strakosha è attento. Mettendo da parte l'urlo di capitan Lulic, nei primi venti minuti meglio sicuramente le difese con Ramalho e De Vrij che in più di un frangente chiudono su Immobile e sul guizzante Dabbur, bomber degli austriaci. Al 30' diventa protagonista il direttore di gara Hategan, che assegna un rigore molto, molto, discutibile agli ospiti. Su un cross da destra Basta, quasi di spalle, sbraccia Dabbur e l'arbitro rumeno (senza Var ma grazie all'addizionale) opta per il penalty. Tra i fischi dell'Olimpico Berisha freddissimo realizza l'1-1. Lo stadio è una bolgia, soprattutto dopo che Immobile cade in area austriaca su trattenuta di Haidara: per Hategan è tutto regolare. Al 38' i biancocelesti si divorano un'occasione enorme, con il bomber campano che lanciato da Leiva si scontra con Milinkovic e calcia malamente da posizione d'oro. Prima dell'intervallo Inzaghi ha un altro motivo per recriminare perché lo stesso talento serbo sciupa il 2-1 spedendo a lato di testa un cross cioccolatino di Lulic. Il primo tempo horror di Hategan però non finisce qui: il fischietto romeno giudica non da rigore anche un contatto assai dubbio in area tra Ramalho e Alberto. Il parziale si chiude tra le proteste furenti dei padroni di casa, placati a fatica dal mister laziale. Pronti via nella ripresa e i biancocelesti veicolano la rabbia nel modo migliore, trovando il 2-1 già al 4'. Alberto si allarga e serve basso l'accorrente Parolo che di tacco infila in diagonale: magia del mediano della Nazionale. Per il centrocampista ex Cesena è il sesto gol stagionale, il secondo in Coppa. I 22 si battono come leoni, con il Salisburgo che non ci sta: Strakosha è bravo sulla fiocina mancina di Ulmer. I ritmi sono altissimi, seppur con qualche errore: Anderson entra al posto di Alberto. L'anima Red Bull gela però l'Olimpico al 26'', quando il neoentrato Minamino fulmina Strakosha da pochi passi su invito di Dabbur. Pari e tutti a pensare al ritorno? La qualità di padroni di casa la vede diversamente e in due minuti arriva il poker biancoceleste. Prima Anderson salta Caleta-Car e firma il 3-2. Poi, al 31', ecco anche la gioia per Immobile: il Toro di Sorrento non può sbagliare dopo la cavalcata regale di Leiva. Immobile potrebbe anche fare doppietta, ma Walke è bravo da distanza molto ravvicinata. Il ritorno in Austria dopo il 4-2 non sarà una passeggiata, ma se i biancocelesti giocheranno con questa cattiveria e questa qualità il sogno della finale a Lione non può essere etichettato come chimera. D'altronde nell'ultima Lazio regina europea (nel 1999 in Coppa delle Coppe ) c'era anche un certo Roberto Mancini. Chissà che Parolo per la sua gemma di tacco non si sia ispirato al "maestro" di Jesi.

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