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Caso ultrà, un anno di inibizione per Agnelli: "Avallò condotte illecite dei tifosi della Juve"

Davide Di Santo
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Il primo verdetto per un vicenda così delicata ("rapporti non consentiti con i tifosi ultrà") è arrivato, dopo Cardiff e un'estate di attesa. Il tribunale nazionale della Federcalcio ha scelto di punire il presidente della Juventus Andrea Agnelli con un anno di inibizione per aver di fatto fornito biglietti ai tifosi organizzati in numero non consentito. Ammenda di 300mila euro per il club bianconero, che ha già annunciato ricorso. Il procuratore federale Giuseppe Pecoraro aveva chiesto due anni e mezzo di inibizione più 50mila euro di multa per Agnelli e due gare a porte chiuse, più la chiusura della curva sud per un'altra partita. Per la procura le accuse erano nel dettaglio quelle di aver violato gli articoli 1 bis (lealtà sportiva) e 12 (rapporti con i tifosi) del codice di giustizia sportiva. Secondo il giudice Cesare Mastrocola, "sono emersi elementi di chiara colpevolezza a carico degli odierni deferiti, e, conseguentemente della società" Juventus. Ma c'è di più, perché Agnelli, "con il suo comportamento ha agevolato e, in qualche modo avallato o comunque non impedito, le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere dal Calvo, al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria". Insomma qui è stata accertata, secondo il primo grado, la colpevolezza. Per l'intero management, invece, l'obiettivo era "ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti". Non a caso sono stati sanzionati anche gli altri deferiti: Francesco Calvo, ex direttore marketing, e Stefano Merulla, responsabile ticketing. Per il security manager Alessandro D'Angelo, 1 anno e 3 mesi di inibizione e 20mila euro di ammenda. Tutto il procedimento sportivo nasce da quello penale denominato 'Alto Piemonte' dove l'ultrà bianconero Rocco Dominello, accusato fra le altre cose di aver permesso l'ingresso della 'ndrangheta nel business del bagarinaggio allo Stadium, è stato condannato in primo grado a 7 anni e 9 mesi. Su questo punto il Tfn però chiarisce: "Agnelli era ignaro in merito alla peculiarità illecita di Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso ma non già come soggetto incline alla pericolosità sociale". Agnelli e la Juve hanno ora una settimana di tempo per presentare ricorso alla Corte federale d'appello, stessa strada che molto probabilmente percorrerà anche Pecoraro. "Confidavamo nel proscioglimento del presidente, ovviamente la sentenza ci delude, anche se ha ridimensionato le accuse della Procura. Ora non possiamo nascondere la delusione", commenta a caldo con LaPresse Franco Coppi, legale del numero 1 dei campioni d'Italia. Da canto suo il club torinese "esprime la propria soddisfazione perché la sentenza odierna, pur comminando pesanti inibizioni nei confronti del presidente e delle altre persone coinvolte, ha 'dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito' escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata". Ma quali sono gli effetti concreti della sentenza per Agnelli? La squalifica è attiva da subito: non potrà presentarsi in Lega, scendere negli spogliatoi e rappresentare il club in ambito federale. Rimarrà tuttavia presidente bianconero e potrà ancora sedersi sia sulla poltrona dell'Eca (l'Associazione privata dei club europei) sia nell'esecutivo Fifa.

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