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Champions League, Juve-show: batte 2-1 il Monaco e conquista la finale

Silvia Sfregola
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L'appuntamento è a Cardiff, per il 3 giugno, perché due anni dopo Berlino e quella notte beffarda la Juventus è di nuovo in finale di Champions League. L'unica suspence, dopo la vittoria contro il Monaco confezionata nella bolgia dello Stadium, è legata al nome dell'avversario da affrontare e battere, verosimilmente il Real Madrid. Il resto è pura cronaca, statistica, riflessioni declinate con iperboli e superlativi. Rispetto allo scontro perso con il Barcellona, stavolta i campioni d'Italia hanno più consapevolezza nei propri mezzi e più giocatori di spessore: Dani Alves, che allora fece festa, Mandzukic, Higuain e Dybala, che all'Olimpiastadion c'era ma solo nella veste di novello tifoso. In assoluto, questa Juventus è più forte di quella targata Morata-Tevez, anche se le finali - e i bianconeri ne sanno qualcosa - non sono mai scontate, nemmeno quando il pronostico sorride. In questa serata magica, appena due macchioline: l'infortunio muscolare di Khedira e l'eccessiva superficialità in fase realizzativa. In entrambi i casi, il tempo per rimediare non manca. La terza è il brutto fallo di Glik nei confronti di Higuain, una cattiveria fuori contesto. E qui non esiste rimedio. La Juventus ha impiegato 20 minuti per uscire dalla bambagia, cioè dall'idea che la sfida di ritorno contro il Monaco potesse essere una sorta di allenamento, una passeggiata lungo la road to Cardiff. In realtà, il Monaco si è presentato con un atteggiamento diverso, un sistema di gioco diverso (3-4-1-2), due uomini diversi (Raggi e Mendy) e soprattutto senza niente da perdere. Per questo ha cominciato in maniera leggera e sfrizzante, sorprendendo i campioni d'Italia che si attendevano un incipit meno tremendista, probabilmente più tremebondo. Ma dal 22' in avanti, ovvero dall'occasione che si è divorato Higuain lezioso nel tentare il tiro a cucchiaio invece di scassare Subasic da una decina di metri, la gara ha preso la piega più verosimile. Fino a quando Mandzukic ha sbattuto dentro il pallone della svolta e della sicurezza. Va detto che prima della rete di Supermario, che per festeggiare si è buttato letteralmente tra i tifosi della curva, la Juventus ha continuato lo sperpero iniziato nel derby. Di Higuain si è detto, poi però è toccato allo stesso Manduzkic e a Pjanic sciupare l'insciupabile. Un vizio, più che un vezzo, pericoloso in chiave finale, là dove sarà indispensabile capitalizzare sforzi e chance. Insomma, di qui al 3 giugno bisogna che Allegri riconsegni alla sua squadra un po' di cinismo, di cattiveria sotto porta. Ma se Dybala si è divorato il raddoppio, sul corner successivo Dani Alves, con una magia incredibile, ha chiuso gioco, partita e incontro, calciando al volo da 20 metri sulla ribattuta di Subasic. Il gesto tecnico valeva da solo il prezzo del biglietto e ha certificato lo stato di grazia del laterale brasiliano, il cui peso specifico si sta rivelando prezioso in chiave internazionale. Dani Alves e Mandzukic sono stati protagonisti forse più di qualsiasi altro, anche se la rete di Mbappè, a venti minuti dall'epilogo, ha sporcato lo stato di servizio della difesa bianconera, la meno battuta d'Europa. Una rete che si poteva evitare, ma la testa era già alla finale: in fondo, il 3 giugno non è poi così lontano e sognare è un diritto. Al grido di "Ce ne andiamo a Caaardiff".

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