Champions League, la Juve resiste al Barça e va in semifinale
Adesso è fatta per davvero: la Juventus è in semifinale di Champions League per meriti acquisiti e non per grazia ricevuta. Testa e cuore, o semplicemente la legge del più forte: dopo i tre ceffoni piazzati sulla faccia del Barcellona all'andata, la squadra di Massimiliano Allegri è riuscita a passare indenne dalle forche caudine del Camp Nou. Adìos, adios cantavano i cinquemila tifosi venuti in Spagna per santificare la fiesta: la remuntada dei catalani è rimasto un hashtag, un sogno, una pia illusione, una velleità. Non c'è stato niente da fare contro la capacità di difendersi con ordine e dignità dei campioni d'Italia, che non sono mai stati catenacciari ma hanno concesso il minimo sindacale agli stessi di Berlino. Dell'incubo di Berlino. È difficile stabilire se si tratti di una vendetta postuma, di sicuro il divario è stato colmato e ora a fare baldoria, a saltare a cantare sono quelli con la maglia bianca-e-nera. I quali rimangono in attesa di conoscere con chi se la dovranno vedere tra un paio di settimane. Un bellissimo dilemma, risolto con i sorteggi di venerdì. Non poteva essere una partita uguale alle altre, quella del Camp Nou. E infatti non lo è stata, a prescindere dall'esito della sfida di Torino, una settimana fa, allo Stadium, che avrebbe anestetizzato qualsiasi ardore. Quel 3-0, grasso e inaspettato, ha pesato più sulla vigilia che sullo sviluppo della gara perché, in fondo, dopo aver schiantato il Psg non c'era anima viva a Barcellona che non credesse nella rimonta. A cominciare da Luis Enrique, che si era sbilanciato fino al punto da pronosticare tre gol in tre minuti: un po' troppo anche per il più ottimista della Sagrada Familia. A volte conviene volare basso, a volte. Però l'atteggiamento dei catalani è stato diverso fin da subito, come era prevedibile, dovendo recuperare uno svantaggio pesante senza prestarsi ai contropiede della juventus. Diverso, sì, non travolgente. Busquets in mezzo - a Torino non c'era - ha dato qualcosa in più agli spagnoli, anche se per un pezzo è stato Neymar ad aver il diavolo addosso. Gli altri? Normali, normalissimi. Non a caso, nel primo tempo, solo una conclusione di Messi (a lato) ha regalato brividi al Buffon, per il resto il pacchetto di mischia messo insieme da Allegri e la straordinaria capacità di difendersi dei campioni d'Italia hanno circoscritto i pericoli. La Juventus ha osato il giusto ma non è mai stata passiva, come testimonia una mezza chance capitata sul piede di Higuain. Semmai è stata attenta, molto 'Italiana' nell'interpretazione del match, insomma ha regalato pochi spazi, spesso è andata in raddoppio sugli esterni avversari e poi ha saputo circoscrivere al minimo il gioco falloso in maniera da non concedere punizioni dal limite ai cecchini blaugrana. Il 3-0 di Torino è stato capitalizzato con intelligenza, sfruttato minuto dopo minuto, goccia di sudore dopo goccia di sudore. Se il pacchetto arretrato ha lavorato con la consueta efficienza, Khedira e Pjanic sono stati bravi a spezzare le manovre del Barcellona e a far ripartire l'azione, mentre sono stati mostruosi Cuadrado e Mandzkukic nella doppia azione di avantindré. Era chiaro che in un contesto di un certo tipo, con gli spagnoli a gestire il possesso palla, la gara di Higuain e Dybala sarebbe stata di sofferenza. Una utile sofferenza. E così è stato. Poteva cambiare tutto se Cuadrado, dopo 5 minuti della ripresa, avesse sfruttato un assist perfetto di Higuain; poteva rimettersi tutto in discussione se, pochi istanti dopo, Neymar non avesse peccato di egoismo e, invece di tentare il gol impossibile, avesse servito Suarez solo in mezzo all'area. Episodi in un contesto tattico meno rigoroso, più lasso, con squadra allungate rispetto all'inizio. Anche questo era prevedibile. La contesa è diventata un ping pong, Cuadrado ha sfiorato il vantaggio, Messi pure e per due volte: a guadagnarne è stato il Barcellona, che è migliorato sia in larghezza sia in profondità, facilitato da qualche errore di troppo in fase di appoggio dei bianconeri. La cautela ha spinto Allegri a un quarto d'ora dall'epilogo ad avvicendare Dybala con Barzagli, un cambio emblematico, in sintomo che le energie erano al lumicino e che c'era necessità di alzare la Maginot. Che ha retto fino all'ultimo.