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Dotto risponde a Liguori su Totti:"Sono blasfemo e mi auto-querelo"

Il capitano della Roma Francesco Totti

Giancarlo Dotto
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Con una prosa mediocre, già per questo imperdonabile, Paolo Liguori sente il bisogno di salire anche lui sul confortevole e già affollatissimo carro dei crociati tottiani, non mancando peraltro di cavalcare a costo zero la variante ludica: tirare lo sciacquone «sul nano da giardino», ovvero il Blasfemo, dopo averci allegramente pisciato sopra. Una volta sbottonata la patta, si sa, non si torna più indietro, il resto scorre inevitabile. Tipo attribuire al Blasfemo la smania di visibilità (lo rassicuro, conoscendolo bene il Blasfemo, gli è più congeniale sparire), tema sul quale il brillante giornalista è peraltro espertissimo. Lo zelo spinge il suddetto suddito, non richiesto, a consigliare la Leggenda su come debba comportarsi a proposito di querele da fare o non fare. A proposito di questo. Sto seriamente pensando di consultare l'avvocato per capire se esistano piuttosto le condizioni dell'autoquerela, per via del demente stoicismo che mi spinge a recidivare nel tentativo di chiarire qualcosa che è forse troppo chiaro. Mi chiarisca piuttosto il Liguori di turno o il Liguori di massa dove e come il Blasfemo avrebbe offeso Totti nell'intervista al «Tempo». Per la millesima e ultima, questa volta davvero, volta, visto che si muore anche di noia, il Blasfemo racconta che il nome di Totti è solo il migliore pretesto per riflettere con tutta la passione del caso su che cosa significhi essere «tifosi». Ciò che accade a Roma è un'anomalia totale, una citta in cui l'idolatria per un giocatore ha oscurato l'amore per la squadra. L'unica e sola cosa che mi sento di contestare a Francesco Totti, giocatore peraltro colpevole di avermi procurato infiniti e magnifici orgasmi, è di non aver fatto nulla, potendolo e dovendolo fare, per cancellare questa anomalia. Il che non lo fa ai miei occhi un eroe mitologico, ma solo un grandissimo giocatore.

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