Un ritorno da incubo

Lazio, Parma, Palermo e Pescara. Quattro squadre con pochi punti in comune, almeno in apparenza. In realtà, nella parziale ma significativa classifica del girone di ritorno, Lazio, Parma, Palermo e Pescara starebbero disperatamente lottando per la salvezza. Per fortuna i biancocelesti hanno messo da parte un bottino da record nel girone d’andata - 39 punti e un 2° posto oggi lontano anni luce - perché poi la situazione è precipitata. Dopo aver battuto - peraltro non senza difficoltà - l’Atalanta di fronte al pubblico dell’Olimpico, la Lazio si è all’improvviso bloccata. In nove partite una sola vittoria - ottenuta contro il disastroso Pescara, appena un punto raccolto nel girone di ritorno - 2 pareggi (contro Palermo in trasferta e Napoli all’Olimpico) e ben 6 sconfitte (con Chievo e Fiorentina in casa, Genoa, Siena, Milan e Torino in trasferta). Media da retrocessione, come dimostra la classifica del girone di ritorno: solo il già citato Pescara, il Parma e il Palermo (6 punti a testa) hanno fatto peggio della Lazio, quartultima nella parziale graduatoria. E se limitiamo la classifica alle ultime 9 gare, allora i biancocelesti sono addirittura penultimi con 5 punti, in compagnia di un Parma in caduta libera. Ma come giudicare diversamente la Lazio? L’Europa può aiutare: fuori dai confini italiani la squadra di Petkovic continua a raccogliere successi e riconoscimenti, ancora imbattuta dopo 12 partite. Ma il primo obiettivo stagionale, inutile negarlo, era il campionato, e in particolare il sogno Champions, sfumato al fotofinish nelle ultime due stagioni. Stavolta, dopo la cavalcata vincente del girone d’andata, il 3° posto (buono per i preliminari estivi) sembrava alla portata, mentre il 2° (valido per l’accesso diretto alla massima competizione continentale) non pareva un traguardo impossibile. E invece oggi la Lazio deve guardare la classifica con qualche rimpianto, perché l’attuale 5ª posizione da condividere con l’Inter (tra l’altro con una gara in meno) e i cugini della Roma è decisamente deludente. I motivi della crisi, in fondo, sono noti. In primis le assenze, troppo importanti per la rosa biancoceleste, evidentemente inadeguata per competere su tre fronti. Petkovic è giustamente «orgoglioso», la Lazio è l’unica squadra italiana ancora in corsa nelle tre competizioni, ha già disputato 45 partite e ne giocherà sicuramente (almeno) altre 12, mettendo nel conto il doppio confronto europeo contro il Fenerbahce e la finale di coppa Italia. Senza Klose e Mauri, il dato è innegabile, la marcia trionfale dei biancocelesti si è però interrotta. I ricambi hanno fatto il possibile, fornendo anche un buon contributo (Floccari ha segnato 6 gol in un mese regalando alla Lazio la finale della Coppa Italia, il capocannoniere Kozak ha trascinato la squadra in Europa League), ma i delicati equilibri costruiti da mister Petkovic sono saltati. A tutto questo vanno aggiunte le difficoltà fisiche, comprensibili ricordando le tante gare giocate. Alcuni pilastri della Lazio - Ledesma, Gonzalez e soprattutto Hernanes, ma anche Biava - hanno vissuto o stanno vivendo un momento difficile e l’intera squadra ne ha risentito. Il rendimento in trasferta è sotto gli occhi di tutti (quattro sconfitte consecutive e 6 punti nelle ultime 10 partite lontano da Roma), ma il problema è generale e riguarda soprattutto la solidità difensiva perduta, con 16 gol subiti nelle ultime 9 gare. Numeri da brivido, media da retrocessione: la Champions è perduta, ma l’Europa è ancora alla portata. Ma bisogna reagire subito.