La prima puntata per mantenere intatti i rispettivi sogni, la seconda e la terza, distanti tre mesi una dall'altra, per inseguire un po' di gloria.
Unavolta si giocavano lo scudetto e tutto il resto, ora rincorrono da lontano un posto in Champions e si contendono la finale di Coppa Italia. Si parte stasera davanti a 45mila spettatori con la sfida di campionato, che assomiglia tanto a un'ultima chiamata per la Roma e a una prova del 9 per l'Inter. «Mancano ancora 18 partite e noi cerchiamo di recuperare punti alle squadre che abbiamo davanti. Il saldo della stagione non dipende dalla Coppa Italia ma dal campionato. Resto convinto che la Roma sia attrezzata per arrivare in alto, poi è il campo a dovermi dare ragione» ribadisce Zeman, che ha già battuto Stramaccioni a San Siro in una serata illusoria. «Quella non è stata la nostra miglior partita - ricorda il boemo - spero di fare meglio stavolta». Con che modulo? Si torna al «solito» 4-3-3 a quanto pare. «Contro la Fiorentina - spiega Sdengo - abbiamo giocato con la difesa a 3 perché eravamo in emergenza, con l'Inter cercheremo di giocare a modo nostro. Rimango dell'avviso che le squadre che hanno fatto la storia, vedi il Barcellona di adesso o Real Madrid e Ajax dei tempi d'oro, hanno sempre proposto il loro modo di fare calcio e non si sono mai adattate». La Roma non lo farà contro un'Inter decimata dagli infortuni e pronta a presentarsi con sei centrocampisti e un solo attaccante. A Stramaccioni il boemo riserva una stoccatina. «Ho sentito parlare tutti molto bene di lui, ma lo conosco più da quello che si dice qui a Trigoria che per quello che sta facendo con l'Inter. Credo nei giovani, ma nella loro squadra ce ne sono pochi». Vero e uno dei leader è ancora il «vecchietto» Zanetti «che io - rivela Zeman - volevo portare alla Lazio. È un esempio per tutti, anche per Totti visto che ha qualche anno in più». L'approdo di Guardiola al Bayern Monaco, in qualche modo, tranquillizza il boemo. «Ma io non ci ho mai pensato, tra noi c'è stima reciproca». Zeman può blindare la sua panchina solo con i risultati e ora ha un aiutante in più sul campo. «Zago mi serve per i rapporti con i brasiliani: ho dei problemi con loro, non riescono capire cosa si deve fare nel calcio italiano. Devono inserirsi meglio nella squadra». Con Marquinho, almeno, il caso è chiuso. «Esclusione e multa penso siano sufficienti per farlo riflettere. La frase di De Rossi a Firenze («è squalificato Pjanic in Coppa quindi io non gioco», ndr)? La prendo come una battuta». Dal mercato non si aspetta molto, ma Bellomo non gli dispiacerebbe affatto. «È un talento interessante, lo seguivo già a Foggia ma doveva tornare ogni giorno a Bari percui scelse Barletta che era più vicina». La Roma americana, intanto, è finita all'opposizione in Lega Calcio, «e fa impressione - sottolinea Zeman - che non siano rappresentate le squadre più importanti, che hanno come prospettive più idee di andare avanti. Ma nel calcio chi prova a cambiare le cose resta fuori. La Roma è importante calcisticamente e per l'ambiente, ma rispetta le regole anche se a volte non è d'accordo». A proposito di regole, la grazia ricevuta dal Napoli nel processo scommesse non lo convince affatto. «All'inizio hanno detto: "Puniremo e puliremo il calcio". Poi invece si giudica reinterpretando le norme di responsabilità oggettiva e omessa denuncia, senza però cambiare il regolamento». Impossibile non stuzzicare il boemo sull'argomento del giorno nel mondo dello sport: il doping. «Su Armstrong c'è poco da dire. Purtroppo la situazione è questa, non solo nel ciclismo ma anche negli altri sport, specialmente individuali. Nel calcio? Non lo so, ora è uscito il caso di Pavoletti del Sassuolo. Positivo per uno spray? No, ha usato un dentifricio... ». Meglio riderci su.