«Ci fermeremo ovunque»
DanielePalizzotto Kevin Prince Boateng ringrazia tutti per il sostegno, gli investigatori lavorano per individuare i tifosi responsabili dei cori razzisti, il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete chiede un confronto al Capo della Polizia Antonio Manganelli mentre Silvio Berlusconi rilancia: il Milan non si ferma qui, la protesta organizzata nell'amichevole contro la Pro Patria non rimarrà isolata, al contrario i rossoneri abbandoneranno il campo ogni qualvolta le offese razziste si ripeteranno, qualunque sia la partita e la posta in palio. Nel day after l'ignobile rappresentazione discriminatoria andata in scena a Busto Arsizio, il dibattito sul razzismo nel calcio non si placa. «Ho apprezzato il comportamento del mio Milan – ha detto Berlusconi – questi episodi incivili, questi fischi e questi cori denigratori si ripetono ormai con eccessiva frequenza e offendono il calcio e lo sport intero. Assicuro che in tutte le partite, anche internazionali, ove si verificassero episodi del genere il Milan lascerà il campo». La posizione di Berlusconi è chiara. Il presidente rossonero ha anche chiamato Boateng complimentandosi per la reazione avuta contro i cori razzisti, una palla scagliata verso la curva e poi la fuga dal campo. «L'arbitro mi diceva di non preoccuparmi – ha precisato Boateng – ma c'era da preoccuparsi. Come è possibile che accadano certe cose nel 2013? Non è la prima volta che sento questi cori, ma ho 25 anni e ne ho abbastanza. Non importa quale sia la partita, se amichevole o internazionale: lascerò ancora il campo se fatti del genere dovessero ripetersi». Dal presidente ai giocatori («Dobbiamo fermarci e aprire gli occhi», ha osservato Muntari) il Milan si ribella. E il mondo del calcio – da Osvaldo a Delio Rossi, da Ventura a Maran, da Petkovic al presidente della Lega Pro Macalli, con l'unica parziale eccezione di Seedorf («Boateng avrebbe dovuto reagire diversamente: così non cambia molto, sarebbe meglio allontanare i responsabili dagli stadi») – si schiera con i rossoneri, così come il ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità Elsa Fornero: «L'episodio è contrario sia alle regole delle sport basate sul rispetto e la correttezza – si legge nella nota diffusa dal ministro – sia alle più generali regole di convivenza civile. Insegnare il rispetto della diversità dovrebbe essere un compito di tutti e lo sport è un veicolo fondamentale da tutelare». Per questo motivo Abete ha chiesto un incontro al capo della Polizia, mentre gli investigatori stanno lavorando per consegnare alla giustizia tutti i responsabili dei cori razzisti. Attraverso i filmati gli agenti della Digos hanno già identificato sei ragazzi, tutti attorno ai 20 anni, che ora rischiano fino a tre anni di reclusione (oltre al Daspo, divieto di accedere alle manifestazioni sportive) per istigazione all'odio razziale, reato introdotto nel 1993 dalla Legge Mancino. Nel frattempo il sindaco di Busto Arsizio, Gigi Farioli, ha definito Boateng «cittadino onorario», mentre il comune e il club hanno annunciato la partecipazione all'eventuale processo come parte civile. Il problema del razzismo negli stadi, però, resta grande e la soluzione, come ricordato dal presidente degli arbitri Marcello Nicchi, non può essere affidata ai direttori di gara: «L'arbitro non poteva sospendere la partita – ha osservato Nicchi – per casi del genere può intervenire solo l'incaricato del ministero dell'Interno. Il Milan ha dato un bellissimo segnale e siamo solidali con i giocatori rossoneri, ma noi non abbiamo questo potere».