Simone Pieretti Campioni in fuga.
Patoe Robinho sono gli ultimi due talenti con la valigia (l'annuncio della cessione del primo al Corinthians è atteso il 3 gennaio), ma nel corso degli ultimi anni in tanti, troppi hanno lasciato l'Italia per accasarsi altrove. È la legge del dio denaro, che attira i fuoriclasse a suon di milioni. Dopo Ibrahimovic e Thiago Silva, il Milan è pronto a salutare altri due top player, e non saranno gli ultimi a lasciare il nostro campionato. Giuseppe Rossi, Balotelli, Criscito, Sirigu, Verratti, Gattuso, Nesta e Di Vaio tanto per citare gli italiani con la valigia che hanno deciso di andare a lavorare altrove. E poi Simone Farina, patrimonio di onestà e professionalità, costretto a emigrare per trovare un posto di lavoro dopo la denuncia su Scommessopoli. A questi ne vanno aggiunti tanti altri che - in punta di piedi - si sono allontanati da noi: Seedorf e Van Bommel, altri due esempi rossoneri, e Lavezzi che ha lasciato il Golfo di Napoli per piazzarsi sotto la Tour Eiffel. E poco importa se gioca o resta a guardare. E poi nel corso degli anni Kakà, Maicon, Julio Cesar, Lucio: una colonia di brasiliani richiamati dalla febbre dell'oro e ora lanciati verso un altro Eldorado. Scelte di vita? Forse. Ma tutte capitate nel medesimo momento, con i club italiani costretti a far di conto, e a indirizzare i loro pensieri più ai numeri di bilancio che a quelli della classifica. Anche Del Piero è emigrato in Australia, ma questa è davvero un'altra storia che avrebbe meritato il lieto fine. Non sono bastate diciannove stagioni da leader per chiudere in bellezza in bianconero: c'era una volta lo stile-Juventus. Il 3 gennaio riaprono le trattative, con i top player messi sul mercato come fossero pezzi di basso antiquariato, battuti all'asta nella televendita domenicale di una sfigata tv locale. I campioni oggi sono oggetti di cui liberarsi. E in fretta. L'esempio più nitido è l'olandese Sneijder, l'uomo che nel 2010 firmò il triplete di Mourinho nell'era dei trionfi dell'Inter. Il club di Moratti oggi vuol salutarlo in fretta, ma il fantasista - vincolato da un ingaggi o faraonico - è quasi invendibile. La Lazio vive la stessa situazione con l'argentino Zarate, acquistato per venti milioni e oggi ai margini della squadra. Il suo salario stellare è un peso per la società biancoceleste, e un freno per i pochi club che avrebbero ora intenzione di tesserarlo. Anche in casa Milan le cose non vanno meglio: se si trovasse l'acquirente per Flamini il revisore dei conti farebbe salti di gioia. Stessi festeggiamenti verrebbero programmati per l'addio di Mexes, arrivato a parametro zero e con uno stipendio da capogiro che pesa come un macigno sul bilancio rossonero. Ogni società ha il proprio pegno da pagare - il proprio giocatore da impacchettare - vuoi per un salario stellare, vuoi per un rendimento inversamente proporzionale allo stipendio ricevuto. Si riparte col mercato, a caccia dell'usato garantito, del giocatore che difficilmente consentirà di fare il salto di qualità. La Juventus continua a trattare con l'Atalanta per Peluso: tra domanda e offerta balla ancora un milione. Gli ultimi acuti di Matri frenano la ricerca di un attaccante di spessore: a fine giugno arriverà Llorente a parametro zero, il club bianconero a gennaio potrebbe anche rinunciare a tesserare una punta. Verrà tesserato a fine stagione anche il difensore brasiliano Doria, acquistato dal Botafogo per quattro milioni. Il Milan dopo aver trovato l'accordo vicino ai quindici milioni per la cessione di Pato col Corinthians, tratta ora la partenza di Robinho con Atletico Mineiro e Santos. I rossoneri intendono incassare almeno altri dieci milioni prima di lanciarsi su Didier Drogba, svincolato dallo Shenhua Shangai. Lionel Messi ha rifiutato un contratto triennale da 30 milioni a stagione dai russi dell'Anzhi: ne prenderà poco più della metà dal Barcellona. A Madrid Ronaldo medita l'addio alla casa blanca: nel suo futuro c'è il Psg. I soldi che mancano in Italia sono tutti lì.