Di Rocco lancia la volata: i miei numeri non sono negativi
Conle elezioni del prossimo 12 gennaio Renato Di Rocco, numero uno della Federciclismo dal 2005, chiuderà il secondo mandato presidenziale rinnovando il proprio impegno di fronte agli sfidanti Salvatore Bianco, Davide Dalto, Rocco Marchegiano, Claudio Santi e Gianni Sommariva. Una competizione «atipica» nel panorama delle federazioni sportive e senz'altro salutare, nella quale Di Rocco è pronto a giocare le proprie carte perché «nonostante i problemi legati al doping e la crisi europea, l'Italia ha difeso il sistema meglio degli altri». Eppure i numeri non sono positivi e dal 2008 non centriamo il podio mondiale con gli uomini. «Io sono soddisfatto del lavoro svolto dal commissario tecnico Paolo Bettini: quest'anno abbiamo affrontato un importante ricambio generazionale. E i numeri non sono così negativi». I tesserati diminuiscono, così come il numero delle gare organizzate. «In realtà l'Italia ha 68 professionisti, un record a livello mondiale. La Spagna, per capirci, ne ha 61, Francia e Belgio appena 52. Oltretutto siamo terzi nella classifica del World Tour e primi nel ranking europeo. E per ciò che riguarda le gare, nel 2012 ne abbiamo organizzate 131 in meno e non mille come sento». Fontana ha salvato la spedizione olimpica azzurra con il bronzo nel cross country, ora puntiamo anche sulla pista? «Questo è il nostro obiettivo, nel 2012 abbiamo fermato per quattro domeniche l'attività su strada per promuovere le altre discipline. Nella mountain bike siamo migliorati, su pista abbiamo vinto tante medaglie ai mondiali giovanili. E poi, già con il Progetto Pinocchio avviato cinque anni fa nelle scuole, abbiamo cercato di promuovere la bicicletta come strumento educativo». Cosa farà se vincerà le elezioni? «Dobbiamo costruire nuovi impianti coperti: Francia e Inghilterra ne hanno cinque, noi appena uno, mentre ne servono almeno tre. E poi dobbiamo migliorare il sistema comunicativo, perché noi facciamo tante cose, a partire dalla lotta al doping fino ai 90 ciclodromi costruiti. Eppure siamo sempre demonizzati».