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L'effetto sorpresa è finito.

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Eproprio le novità tattiche di una nazionale non più votata al vecchio schema catenaccio e contropiede, ha portato risultati così importanti fino a potersi giocare per la terza volta nella storia un Europeo. La prima volta andò bene all'Olimpico (1968), nel 2000 la beffa del golden-gol di Trezeguet, ora il terzo atto a Kiev con una squadra diversa che punta al possesso-palla e a un pressing esasperato trenta metri più avanti rispetto alle tradizioni italiche. Ecco, la Spagna ora ci aspetta, ci conosce, sa che quel vecchio canovaccio non fa parte del progetto prandelliano. Certo, sul 2-0 contro la Germania l'Italia è stata attaccata per larghi tratti ma si è trattato più di una logica conseguenza del risultato che di una scelta cosciente di un gruppo sempre propositivo. Si ripartiva sempre in cinque o sei giocatori, perché aggrapparsi ai nostri stopper è sacrosanto vista la bravura degli interpreti, ma senza fare la barricate che pure hanno portato tanti risultati nel nostro illustre passato. Prandelli la vuole così, l'ha forgiata in questi due anni post delusione sudafricana. Ha creato un gruppo che pensa ad attaccare come è accaduto nei tempi supplementari della sfida contro l'Inghilterra. Prima della partenza per la Polonia si era criticata la decisione del cittì di non portare un'altra punta pesante per privilegiare giocatori più tecnici. Del resto lo spartito non prevede l'attaccante vecchia maniera, il centravanti statico che fa a sportellate con gli stopper avversari. O meglio c'è Supermario Balotelli che ha fisico ma anche tanta classe. E, invece, tanti «piccoletti» proprio come la Spagna che ispira il calcio prandelliano. Ma non sarà allievo contro il maestro perché la storia conterà pure qualcosa e noi siamo quattro volte campioni del mondo. Tornando alla sfida di domani l'Italia non cambierà, Prandelli cucinerà il solito «rombo» con la speranza di mangiarsi anche la «paella» dopo i «wurstel». Dietro la solita coppia Bonucci-Barzagli col recupero di Abate (si spera) e Balzaretti rispolverato a sinistra dove si trova più a suo agio. L'importante è giocare a quattro non come il fuorviante avvio di torneo quando Prandelli aveva rinnegato il lavoro precedente affidandosi al 3-5-2. Pirlo e De Rossi sono il mix letale per gli avversari, un connubio perfetto tra tecnica e dinamismo. Intercambiabili. Quando cì sono troppe attenzione sullo juventino, c'è il romanista a prendere per mano la squadra. E poi Marchisio, ancora a secco solo per sfortuna, e il soprendente Montolivo, bravissimo a trovare spazi nelle linee di inglesi e tedeschi. In attacco non si toccano i due genietti, Cassano e Balotelli: per convincere gli scettici hanno tirato fuori dal cilindro l'azione del primo gol con i tedeschi. Il simbolo di quest'Italia è sicuramente Fantantonio: otto mesi fa sotto i ferri per un problema al cuore mica uno stiramento muscolare, ora leader tranquillo della nazionale. Vederlo abbracciare il figlioletto Cristopher sul campo di Varsavia ha fornito una nuova versione di un uomo che ha cominciato una seconda vita. Per Balotelli poche parole così come per la panchina che regala elementi fondamentali come Diamanti e Giovinco oppure Balzaretti che, da comparsa, è diventato uno dei protagonisti di questa avventura che fa sognare gli italiani.

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