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Il primo anello del «prescelto»

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Servivaquesto a Il Prescelto per entrare di diritto nella ristretta cerchia dei grandi d'oltreoceano. La tripla doppia con cui nella decisiva gara-5 contro i Thunder, vinta 121-106, ha griffato il suo percorso è stata la firma di un campione che ha rischiato a lungo di rimanere prigioniero delle sue sconfitte. Non era servito approdare alla corte degli Heat per affiancare il padrone di casa Dwyane Wade e Chris Bosh, dopo un lungo e stucchevole teatrino mediatico, per regalarsi quel successo che a Cleveland gli era troppe volte sfuggito. Miami nelle scorse stagioni ha faticato a trovare un gioco ed un'anima e ad ogni sconfitta sul banco degli imputati c'è andato lui, LeBron James. E quando Boston è sembrata poter sbattere di nuovo fuori al franchigia della Florida la storia è sembrata ripetersi. Ma questa volta il ragazzone nato ad Akron, in Ohio, ha deciso che era ora di cambiare le cose. E così è stato. «La cosa migliore che mi sia capitata nello scorso campionato è stata perdere le Finals - ha detto LeBron James dopo il trionfo di Gara-5 - perché quella sconfitta mi ha permesso di tornare con la testa ai fondamentali, mi ha reso più umile. Se l'anno scorso giocavo con tanto odio, tanta rabbia, tanta voglia di dimostrare qualcosa, questa volta invece ho giocato con amore. L'amore per il basket». Insomma uno spot vivente di queI «I love this game» che è il marchio di fabbrica della Nba. «È il giorno più felice della mia vita - ha proseguito - perché ho sognato così tante volte questo momento e ora il sogno è diventato realtà ed è una sensazione di felicità che è difficile spiegare a parole». Quindi una stoccata a chi aveva criticato l'addio ai Cavs del 2010. «E' un sogno che si avvera, il titolo significa tutto per me. La scelta di lasciare Cleveland non e' stata facile ma si e' rivelata giusta. Era ora... Era proprio ora... Adesso, abbiamo davanti un futuro luminoso». Può quindi festeggiare Miami che ora dopo aver subito per tanto gli strali di chi non ha mai mandato giù la scelta del general manager Pat Riley di riunire nella franchigia della Florida i talenti di Wade, Bosh e James si gode il suo momento di gloria. Dall'altra parte, gli sconfitti, sanno che il futuro è dalla loro parte. Oklahoma è stata protagonista, con la sua giovanissima squadra, di una cavalcata esaltante che sembrava potesse premiare la franchigia nata dalle ceneri dei Seattle Supersonics. Ma questa volta la grande classe e la vitalità di Durant, Westbrook ed Harden non è bastata. «Certo - ha detto deluso Durant - finire la stagione così fa male, non ci sono dubbi. Oklahoma è come una famiglia, volevamo vincere ma non ci siamo riusciti». Lo interrompe il suo coach Brooks. Faccio i complimenti agli Heat perché hanno meritato questo titolo e nella serie si sono dimostrati migliori di noi. Questa sera poi sembravano imbattibili. Noi non siamo riusciti a raggiungere l'obbiettivi che ci eravamo fissati, la vittoria, ma comunque sono incredibilmente orgoglioso di tutti i miei giocatori». Arrivano i complimenti di Durant all'avversario che sarà suo compagno nella prossima avventura delle Olimpiadi di Londra con i colori del Draem Team. «LeBron? Merita il titolo, ha disputato una stagione incredibile. Adesso speriamo di poter vincere una medaglia d'oro insieme a Londra». Più che una speraza sembra una certezza. Difficile pensare a chi potrà sbarrare il passo sulle rive del Tamigi al nuovo vincente LeBron James.

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