Veron lascia il calcio «Giusto farlo adesso»
Lascioprima che il calcio decida per me». Applausi a scena aperta, scende il sipario sulla carriera sportiva di Juan Sebastian Veron. Il talento argentino sabato notte ha giocato la sua ultima partita con la maglia dell'Estudiantes di La Plata. È stato un campione giramondo, ha vinto a ogni latitudine, ma il suo amore calcistico ha i colori del cielo: bianco e celeste. Oltre all'Estudiantes, con cui ha iniziato e concluso la carriera, ha amato la Lazio, ricambiato dai sui stessi tifosi che hanno avuto modo di innamorarsi di lui nonostante il suo veloce passaggio nella capitale. Due stagioni intense, un triplete conquistato nei primi nove mesi vincendo Supercoppa Europea, scudetto e coppa Italia nel suo primo anno con l'aquila sul petto. L'anno seguente una Supercoppa Italiana alzata in aria con la Lazio. Regista moderno, talento straordinario dotato di classe cristallina, non è mai riuscito ad esprimersi ad alti livelli con la maglia della nazionale albiceleste con cui ha collezionato 73 persenze e 9 gol. Tanto silenzioso e solitario nel privato, quanto luminoso in mezzo al campo. Sapeva dar luce al gioco come pochi. Il suo gol su punizione, realizzato nel derby di ritorno a Lupatelli, resta tra le immagini più esaltanti della storia laziale. E a quell'azione fa seguito l'assist per Simeone nella decisiva sfida scudetto con la Juventus. Ha vinto tanto, avrebbe potuto vincere tantissimo se fosse riuscito - in Inghilterra - a ripetere i fasti italiani. Tre anni in Premier, due col Manchester e uno col Chelsea, e un titolo vinto alla corte di Sir Alex Ferguson da attore non protagonista. Poi il ritorno in Italia, all'Inter, con l'ex compagno di squadra Mancini pronto a guidarlo. Due coppe Italia, una Supercoppa italiana e il famoso scudetto di cartone recapitato quando era tornato in Sudamerica. In Argentina altri successi, con una Copa Libertadores e un titolo di Apertura conquistati da condottiero che gli valsero anche due Palloni d'Oro sudamericani. Il popolo dell'Estudiantes lo ha salutato con una standing ovation e tre minuti di applausi. Lui, schivo e introverso, si è sciolto in un mare di lacrime. La Brujita esce di scena, tutto il popolo laziale si alza in piedi per applaudire «la Luce».