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Matteo De Santis La parabola di Olanda-Danimarca insegna che tirarsela non nasconde i difetti, ma li smaschera in tutto e per tutto.

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Eccoimpacchettata la prima vera sorpresa dell'Europeo, con i galletti di Van Marwijk che hanno abbassato la cresta e ci hanno pure rimesso le penne davanti agli onesti operai di Morten Olsen. Una storiella che oltre al suo significato educativo ha avuto anche un singolare capitolo tutto romanista: Kjaer, pasticcione all'inizio e molto più solido nel finale, ha fatto la sua parte senza combinare danni mentre Stekelenburg è stato impallinato letalmente da Krohn-Dehli. La partita, in fondo, è girata tutta intorno all'eccessivo snobismo olandese. Orange sicuri di vincere per diritto divino, monocordi e ottusi. Infatti, nonostante qualche falla nella difesa della Danimarca, le piaghe olandesi erano visibili a occhio nudo: l'esasperante lentezza imposta dal pachidermico duo Van Bommel-De Jong, una retroguardia allegrotta e la fumosità dei frombolieri davanti. Con queste premesse, c'era poco da fare gli schizzinosi. L'Olanda, però, ha deciso di farlo lo stesso e chi sbaglia è giusto che paghi. Il conto per la puzza sotto il naso è arrivato al 24': sgroppata della locomotiva Simon Poulsen, qualche peccatuccio d'ingenuità e di posizione di Van der Wiel e Heitinga e Stekelenburg traforato in mezzo alle gambe da Krohn-Dehli. La reazione è solo di pancia: un palo di Robben, un'occasione per Afellay, un'occasionissima per Van Persie, una botta da fuori di Van Bommel, un miracolo di Andersen sullo stralunato Huntelaar, un rigore non visto nel finale per un braccio galeotto di Jacobsen e poco altro. L'ingiustizia, per una volta, la subiscono i boriosi miliardari olandesi e non gli onesti operai danesi. Poteva succedere solo in una parabola.

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