Lo "stop" di Monti E il calcio si ribella
«Ciò che sta accadendo nel calcio è particolarmente triste: bisogna riflettere e valutare se non gioverebbe molto alla maturazione dei cittadini italiani una sospensione totale di questo gioco per due o tre anni». Firmato Mario Monti, con doverosa precisazione: «Questa, sia chiaro, non è una proposta personale né tanto meno un'idea del governo - ha spiegato il presidente del Consiglio - ma solo un desiderio che sento dentro di me». Un desiderio personale, dunque, la delusione di un «ex appassionato che tanti anni fa, quando il calcio era ancora il vero calcio, amava seguire le partite», e ora invece assiste esterrefatto agli sviluppi delle inchieste avviate da tre Procure della Repubblica e al dilagare della nuova Scommessopoli. «Il calcio dovrebbe essere espressione dei valori più alti - ha aggiunto Monti commentando gli ultimi arresti riguardanti anche giocatori di serie A - e invece si dimostra un concentrato degli aspetti più riprovevoli della vita umana, un malcostume continuo che fa rabbrividire». Il desiderio e la delusione del premier Monti, però, pesano come un macigno sul mondo del calcio, passatempo preferito per milioni di italiani profondamente toccati dalla dura critica del presidente del Consiglio. «Dovremo riflettere e guardare in noi stessi - ha suggerito Monti - perché è troppo facile localizzare tutti i mali dell'Italia nella politica, ma è un errore: certo nella politica ci sono gravi difetti, ma non esiste una separazione netta tra chi amministra lo Stato e la società civile». Chiudere la politica certo non si può, ma chiudere il calcio - secondo il presidente del Consiglio - potrebbe forse aiutare l'Italia, anche perché - ha aggiunto Monti - «trovo inammissibile che vengano usati soldi pubblici per ripianare i debiti delle società» per poi assistere a «spettacoli spaventosi, come accaduto a Genova (durante la partita Genoa-Siena sospesa lo scorso 22 aprile per la violenza degli ultrà rossoblù, ndr) quando i giocatori si sono tolti la maglia di fronte a chissà quali minacce da parte di poteri occulti». Le riflessioni del premier hanno naturalmente scatenato le reazioni del mondo politico: dal presidente della Camera Gianfranco Fini («Monti ha voluto rimarcare il proprio sdegno, ma le sue parole non vanno prese alla lettera») al deputato del Popolo della libertà Manlio Contento fino al segretario nazionale di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, tutti hanno preso le distanze dalle parole di Monti. E anche la replica del mondo dello sport non si è fatta attendere. Pacata ma decisa la posizione di Giancarlo Abete: «Fermare i campionati non è la soluzione giusta - ha dichiarato il presidente della Federcalcio - perché significherebbe mortificare il calcio, penalizzare chi opera onestamente e perdere migliaia di posti di lavoro. Capisco e condivido l'amarezza del presidente Monti, ma in Italia il mondo del calcio non è peggio dell'economia, della finanza e della società civile: bisogna evitare generalizzazioni e demonizzazioni». Abete ha poi voluto chiarire in che modo la Federazione utilizza il contributo dello Stato: «Le società professionistiche - ha spiegato il numero uno della Figc - non ricevono un euro dai fondi pubblici, ma sono finanziate da risorse private e introiti commerciali, e versano 1.100 milioni l'anno all'erario. I 64 milioni destinati alla Federcalcio sono destinati ai dilettanti, ai giovani, alla giustizia sportiva e al settore arbitrale». Molto più dura la replica del presidente del Palermo Zamparini e del numero uno del Cagliari Cellino. «Monti dice solo stupidaggini - ha tuonato Zamparini - prima di parlare dovrebbe pensare a tutto ciò che sta distruggendo». «Ho grande rispetto per il presidente del Consiglio - ha detto Cellino - ma i problemi non si affrontano fermandosi». Un pensiero condiviso anche da Rivera: «Avevo fiducia nel premier - ha confessato l'ex stella del Milan - ma in questo caso ha detto frasi fuori luogo e fuori tempo. Mi chiedo: ma è Crozza che imita Monti o viceversa?».