Questa città che uccide tutti i sogni
Parloin prima persona, ma ritengo si tratti di un sentimento largamente condiviso: magari da una maggioranza, almeno dai primi passi romani del giovane tecnico venuto dalla Spagna. Forse ero influenzato dal ricordo del Luis Enrique calciatore, un gentiluomo che sul campo aveva interpretato tutti i ruoli, portiere escluso, sempre dall'alto di una classe cristallina e di un'eleganza mai tradita. Era rimasta vana l'aspirazione di vederlo in maglia giallorossa, rimaneva la curiosità per un progetto che andava prendendo forma e che prometteva qualcosa di nuovo, rispetto all'affannosa ricerca del minor danno che guida le ambizioni di troppi tecnici del massimo campionato italiano. Si delineava un meno banale futuro, purtroppo le tante crepe apertesi durante un cammino che per nessuno sarebbe stato comunque agevole, hanno trasformato il sogno in chimera, se non in utopia. Nel momento del congedo, Luis Enrique ha lasciato intatta, anche agli occhi dei troppi, facili detratttori,la sua immagine di serietà, di educazione, di classe: di uomo vero. Se ne va rinunciando ai guadagni di un'altra stagione di contratto milionario, non percepirà un euro, ha perfino concesso alla società il tempo di muoversi con maggiore agio alla ricerca di un sostituto all'altezza. Non è stato costretto alla resa dai risultati, Luis Enrique, per modesti che fossero in relazione ad attese che la realtà non giustificava. Più forte della sua volontà di proseguire un percorso filosofico che i tifosi veri avrebbero probabilmente incoraggiato, è stato il peso degli umori che dividono la tifoseria, qualche attacco mediatico lontanissimo da ogni forma di eleganza, suscitando perfino apprensioni sulla sicurezza della famiglia. Qui a Roma i sogni muoiono, per rifiorire magari a distanza di tempo, non tutti hanno avuto la pazienza e l'appoggio di cui hanno goduto le prime stagioni di Mazzone, l'approccio di Fabio Capello con il suo sesto posto prima dello scudetto, perfino di Spalletti accolto a Villa Pacelli con pesanti inviti a tornarsene a casa. La voce dei tribuni del tifo non è disposta a fare sconti, neanche in presenza di uno svecchiamento dei ranghi che avrebbe dovuto essere comunque completato, nella prossima stagione, da una campagna acquisti mirata. Dopo che il campionato aveva indicato chiaramente i limiti di una squadra costruita troppo in fretta e allineata al via senza che molti dei protagonisti di fossero mai visti in faccia. Ma il tecnico era diventato il bersaglio fisso dei tanti, troppi «quacquaracquà» che popolano l'etere capitolino. Luis Enrique guiderà per l'ultima volta la squadra nella inutile trasferta di Cesena, poi lascerà il timone a un successore che la società sembra avere individuato in Vincenzino Montella, che in realtà a Roma aveva presieduto una sorta di autogestione, prima di costruirisi a Catania una solida base per il nuovo mestiere intrapreso. Ragazzo intelligente, Montella ha lavoraro duramente per migliorarsi, anche sotto il profilo dell'immagine. Adesso spera di poter garantire ai colori che sono quelli di casa sua, quel cento per cento che Luis Enrique non era riuscito a trasmettere. Auguri: ne ha bisogno chiunque sia ccinga a questa impresa.