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"L'Europa prima del futuro"

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Luis Enrique

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Il riserbo sul futuro, un obiettivo da raggiungere che potrebbe fargli cambiare idea, sassolini tirati fuori dalla scarpa in anticipo. Luis Enrique continua a tenere sulle spine la Roma, parla da allenatore pronto alla resa ma non lo dice apertamente e chiede alla squadra di entrare almeno in Europa League. Molto, se non tutto, passa da una vittoria stasera nell'ultima gara stagionale all'Olimpico con il Catania di Montella. «Cerchiamo da tanto tempo di ottenere la qualificazione - attacca lo spagnolo - e mi interessa solo questo, non il mio futuro». La società si allinea. «L'importante - dice l'ad Fenucci - è che la Roma partecipi e vada in fondo all'Europa League, non c'è ragione di snobbarla. Budget di mercato? Non dipende dalla qualificazione alla coppa, è un budget pluriennale che ci accompagnerà fino ad un nuovo piano quando sarà costruito lo stadio». Intanto è tornato a Trigoria l'altro ad Pannes per portare avanti i programmi e a metà mese verrà convocato il cda che «chiamerà» l'aumento di capitale da 50 milioni. Un passo alla volta: prima c'è da capire il futuro della panchina. «L'ingresso in Europa sarà importante - ammette Luis Enrique - così come l'incontro che avrò con la società. Fondamentale? No, ho detto importante». Ai dirigenti ha dato l'impressione di voler mollare, a Baldini potrebbe averlo detto chiaro e tondo ma il dg spera ancora di convincerlo a rimanere. «Ancora non so se andrò via - dice Luis Enrique smentendo la versione di qualche giorno fa - deciderò in base a come si comporta la squadra e a ciò che io sento quando vedo i tifosi. La società non può fare niente di più per me. E non è detto che la scelta non riguardi la mia famiglia». A casa lo vedono sempre più distrutto: ecco uno dei motivi che lo spinge all'addio. Alla base c'è però molto altro. L'amarezza per i risultati, le reazioni dell'ambiente e la gestione difficile degli umori durante la stagione. Interni ed esterni. Ne avrebbe di cose da raccontare Luis Enrique che per ora si limita a ricordare come «ogni volta che non ho fatto giocare Totti o De Rossi si è montato un casino della Madonna. Questo mi ha dato da pensare. Ma di cosa stiamo parlando? Solo io vedo gli allenamenti e nel caso specifico di Daniele a Bergamo non ha rispettato un accordo che avevamo con i giocatori. Io ho messo prima il formare una squadra ai risultati». Cosa aspettarsi oggi dall'Olimpico? Cori per Montella e fischi per Lucho? «Ma io - sottolinea l'asturiano - non ho vissuto nessun confronto tra noi. Montella era un calciatore incredibile e adesso è un allenatore bravissimo. Gli auguro un grandissimo futuro». Magari proprio al suo posto. Da Catania, però, Montella fa spallucce. «La Roma su di me? Si dicono tanti nomi, qualcuno anche più risonante del mio. Sono semplicemente voci: lo dico perché lo so». Per adesso è proprio così.

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