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La doppia disfatta del calcio capitolino

Luis Enrique ed Edy Reja

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Dopo tante giornate grigie, sfocata immagine della primavera tradizionale, su Roma è tornato a splendere il sole. Purtroppo i suoi raggi hanno illuminato un panorama calcistico desolante per la Capitale, neanche un briciolo di gioia per le due sponde del biondo Tevere. Ha cominciato la Lazio, che forse ha voluto rendere omaggio al suo campionissimo, Silvio Piola, al quale è intitolato l'impianto in sintetico di Novara.Già condannati alla discesa, i piemontesi hanno sfruttato l'aspetto migliore della demotivazione, cioè la serenità di chi, nulla dovendo chiedere alla classifica, non ha neanche nulla da perdere. Aveva rimediato immediatamente, la Lazio, allo svantaggio determinato da uno sciagurato intervento suicida di Diakité, sfruttando con Candreva una esecuzione balistica di Mauri, il migliore dei suoi. Non ha avuto il tempo di metterci una pezza, invece, quando nel finale una magia di Mascara l'ha risospinta sott'acqua. Così, nella giornata che avrebbe dovuto rendere più consistente il vantaggio sulle altre pretendenti alla Champions, ha sperperato buona parte del suo tesoretto. Resta la posizione di privilegio, grazie anche alla caduta interna dell'Udinese di fronte all'Inter, ma resta un solo punto da amministrare nei confronti del Napoli, che ha il calendario più favorevole, e tre sui nerazzurri. Stramaccioni non sarà Mago Merlino, però non ha ripetuto vecchi errori, lui a Snejider non ha rinunciato, la doppietta dell'olandese vale un prezioso successo sul campo di una concorrente. E dunque la posizione della Lazio si è fatta delicata, perché è difficile porre rimedio, senza soluzione di continuità, alle precarietà di un organico che non la finisce di perdere i pezzi. Non penso che Reja abbia grandi responsabilità. Costretto com'è a dover continuamente inventarsi qualcosa per frenare l'emorragia di risorse prodotta da un'infermeria più affollata di un pronto soccorso. Ma intanto dalla volata si è ritirata la Roma che, attesa al riscatto dopo il naufragio torinese, ha gratificato anche la Fiorentina, cui i tre punti hanno forse regalato la sicurezza della permanenza in A, grazie anche alla concomitante resa del Lecce. Dura contestazione dei tifosi, giocatori assediati dentro lo stadio ben oltre la fine della partita, per fortuna non si sono ripetute le follie di Genova. Ma adesso si è esaurito il credito della Roma e forse anche quello di Luis Enrique, che però ha ancora riscosso la fiducia della società. Certo, il cammino della Roma è stato spesso segnato dalla jella più nera, che però non basta a spiegare un numero di sconfitte a un solo passo da uno storico record negativo. Subito sotto di un gol, primo tempo inguardabile, la Fiorentina avrebbe potuto già mettere in ghiaccio il risultato, Qualche opportuno cambio nella ripresa, abilità e fortuna nella deviazione di Totti sul tiro di Gago, poi la frenetica rincorsa a tre punti vitali. E la conclusione sempre la stessa, contropiede e sconfitta in pieno recupero, un film già visto. Come quello della cacciata di Osvaldo, al terzo rosso stagionale. Insomma questa è la Roma, qualche promessa quando sembra che ogni obiettivo sia lontano, crollo in verticale non appena all'orizzonte un traguardo diventa individuabile. E sabato all'Olimpico arriverà il Napoli, che Luis Enrique dovrà affrontare senza De Rossi, Osvaldo, Lamela. E magari con un tifo simile a quello dei laziali nella partita con l'Inter, chi può escludere se il coro «scansateve» non sia stavolta dedicato dalla Sud ai suoi, Champions meglio per il Napoli che per la Lazio, ormai a Roma il fairplay è optional. Non cambia nulla in chiave tricolore, ma occorre attendere l'ultimo quarto d'ora per regalare alle duellanti il golletto che manca il Cesena in B e il Genoa a un passo dall'inferno. In Romagna, soluzione giallorossa, sinistro di Borriello su assist di Vucinic. Al Meazza arriva pochi minuti più tardi la replica di Boateng, i liguri rimangono con un solo punto di vantaggio sul Lecce.

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