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Roma ormai fuori da tutto

Luis Enrique

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Della serie al peggio non c'è mai fine, dopo l'umiliazione con i primi della classe a Torino, la Roma si butta via all'Olimpico contro una Fiorentina che, proprio grazie a questi tre punti, forse riuscirà a salvarsi. Così, un pomeriggio che era iniziato con i fischi ma anche con uno striscione pro-Luis Enrique, si conclude con una contestazione vecchio stile: i tifosi che aspettano il pullman all'uscita dello stadio (le forze dell'ordine hanno fatto uscire la squadra dalla Nord) e altri che si sono presentati a Trigoria per esternare tutto il loro malumore. Tutto questo al termine di una partita che la Roma ha giocato (malino) per un tempo solo e che ha dimostrato tutti gli attuali limiti psicologici ma anche tecnici di questo gruppo. La Roma adesso si ritrova settima, fuori da tutto: anche dall'Europa League... altro che Champions. E il malessere della tifoseria giallorossa non è solo per l'ennesima sconfitta della Roma al suo quattordicesimo ko stagionale in campionato (sedici contando le coppe), ma soprattutto per l'atteggiamento di un gruppo che sembra smarrito, senza più gioco né idee. Un primo tempo inguardabile senza un tiro in porta degno di nota (uno da fuori di Greco al 10' e una punizione di Totti al 16') e il gol, l'ennesimo, rimediato dopo centodieci secondi di gioco non può essere un alibi. La vera preoccupazione dei tifosi è proprio questa: la Roma del bel gioco che aveva, seppur a tratti emozionato e costretto la piazza a un'apertura di credito clamorosa per la Capitale, sembra lontana anni luce. Difficile trovare una soluzione a un problema che appare complesso e non relegabile a una sola causa. Come sempre le colpe vanno divise in parti uguali tra squadra, società e un tecnico già messo sulla graticola da una parte della tifoseria: proprio la stessa che fino a qualche ora prima lo aveva osannato. La squadra ha la sua parte di responsabilità perché troppi giocatori stanno rendendo al di sotto delle loro possibilità e i problemi di «testa» palesati fin qui non possono essere solo responsabilità del tecnico. Alla società la sua porzione: in primis quella di aver deciso di puntare su un tecnico giovane forse con troppa poca esperienza per un campionato difficile come quello italiano. Poi di non aver capito dove intervenire nel mercato di gennaio non rinforzando un reparto, la difesa, che aveva chiaramente bisogno di un «ritocco». Infine le responsabilità di un tecnico che continua comunque a metterci la faccia. Se questa Roma è ancora molto poco squadra, la colpa è anche sua (Conte docet...). Così come sul fronte tecnico-tattico l'allenatore ha molte responsabilità: possibile che dopo otto mesi la Roma non abbia ancora capito in che modo giocare? E soprattutto: dov'è finito quel bel gioco che si era intravisto a fine 2011? Nel black-out mentale collettivo, restano nell'aria troppe domande che avranno bisogno di una risposta a brevissimo termine, perché alla fine del campionato mancano quattro partite: o meglio quindici giorni. Inutile far carne di porco adesso, non cambierebbe molto nella disastrosa stagione giallorossa. L'importante è avere le idee chiare per il futuro. La società continua, giustamente, a sostenere un tecnico che però a fine stagione potrebbe dimettersi. Solo allora la Roma deciderà come muoversi per il futuro che al momento era e resta Luis Enrique. E sabato arriva il Napoli in rimonta. Contro la squadra di Mazzarri (che continua a candidarsi, inutilmente, per la panchina della Roma) Luis Enrique dovrà fare a meno di De Rossi, Lamela e Osvaldo. C'è il rischio di un altro bagno di sangue.

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