Lazio che vergogna
La triste ma inevitabile fine di una squadra. E anche di un ciclo quello di Reja che si è presentato a Novara con una squadra ridotta ai minimi termini. Proprio nello stadio intitolato a Silvio Piola, un'icona nella Roma biancoceleste, la Lazio conferma di non avere più benzina per colpa di una preparazione atletica sbagliata e di una serie di infortuni che non possono dipendere solo dalla casualità. Sì, la banda di Reja perde a Novara, impresa difficile vista la posizione in classifica dei piemontesi (a proposito sarebbe bello se tutte le squadre mettessero nelle ultime partite il furore e la tigna mostrata ieri) ormai condannati. Male, malissimo tutti, una truppa sgangherata, senza gioco, senza identità già da molte partite. Solo le sconfitte delle dirette concorrenti e la vittoria folgorante contro il Napoli avevano nascosto le magagne strutturali ingigantite dalle tante defezioni. Dieci sconfitte nelle ultime dodici trasferte (le due vittorie sono con Chievo e Roma, comunque all'Olimpico) sono il segnale di una resa. Le colpe di Reja sono tantissime per questo crollo in fotocopia con quello della passata stagione. La condizione fisica, i troppi infortuni muscolari dovuti a una gestione discutibile del gruppo e non può bastare l'alibi del mancato intervento sul mercato di gennaio a giustificare una squadra ridotta tanto male da fare un punto in 180 minuti contro due delle ultime tre della classifica. Il disastro si è consumato a Novara ma sono ormai un paio di mesi che la spia è fissa sul rosso. Il tecnico si è dimesso due volte e, a questo punto viene anche da pensare che l'attendismo esagerato della società, abbia portato a questo risultato. Già, perché c'è il ragionevole sospetto che con un altro allenatore (Zola) peggio di quanto visto dalla tentata fuga di Edy, difficilmente si sarebbe riusciti a fare. Lotito ha commesso un errore imperdonabile facendosi condizionare da una classifica fuoriviante perché la Lazio era già sulle gambe a febbraio. Ha aspettato, si è fidato del suo «vecchio» bucaniere ma ora si deve arrendere all'evidenza di una squadra che non si regge in piedi, che non si capisce in quale modo possa segnare un gol o fare un tiro in porta. Lotito non si è fidato di qualche consigliere che lo invitava al cambio tecnico dopo i dubbi dello stesso Reja, ha scelto un atteggiamento conservativo che non ha premiato. Per carità, massimo rispetto per il lavoro dell'allenatore, che nel suo ciclo di due anni e mezzo ha fatto bene, ma ora basta perché ormai è un calvario.