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Duemila cuori per Giorgione

Chinaglia

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Il cielo è un'enorme bandiera biancoceleste, il sole intiepidisce l'aria. A viale Mazzini, tra il cavallo della Rai e la vecchia sede storica della Lazio di via Col di Lana, si celebra la commemorazione di Long John, Giorgio Chinaglia. C'é gente di ogni età, circa duemila persone, generazioni che si prendono per mano, e si accompagnano ripercorrendo oltre quarant'anni di storia. Un'immagine, un aneddoto, una partita, un gol: c'é sempre lui di mezzo. Un signore sul sagrato mostra un quotidiano ingiallito con un titolo inequivocabile: Lazio nel sogno. Un altro tira fuori dal portafoglio una foto con il Mito in bianco e nero, custodita come il Sacro Graal. Il quartiere é bloccato, il traffico é in tilt: si può andare solo a piedi come le domeniche dell'austerity di quel lontano 1974. Cori da stadio accompagnano l'ingresso dei presenti che pian piano prendono posto tra i banchi. La chiesa del Cristo Re é stracolma, in tanti restano fuori, ognuno ha con se un vessillo, una sciarpa, uno stendardo. Ai piedi dell'altare c'é un mazzo di fiori biancocelesti con una dedica: «La famiglia biancoceleste a Giorgio». La bandiera della Lazio accarezza la composizione floreale, accanto tre ragazzi del settore giovanile sorreggono il labaro della società e quello della Polisportiva rappresentata dal presidente Antonio Buccioni. Pulici, Oddi, Wilson, Nanni, D'Amico, Morrone, Governato, Sulfaro, Tripodi, Giordano Di Chiara, Calisti sono tutti lì per ricordare un amico. Con loro Massimo Maestrelli, figlio dell'allenatore di quella meravigliosa Lazio. Il capitano di oggi Rocchi é in prima fila, con lui c'è Mauri. Quando l'omelia ha inizio, Felice Pulici va sul pulpito per leggere le Scritture: un esitazione, un applauso, poi le lacrime. Il pensiero vola lontano - oltre oceano - e partono le immagini di una vita. L'indice puntato verso il cielo, gli abbracci, i gol, un filo di palloncini che sale verso l'alto trascinandosi dietro uno scudetto tricolore. Chinaglia non c'é, ma rivive in ogni angolo. «Dopo la storia c'è la leggenda. Ciao Gio». Sul tavolo fuori dalla Chiesa c'è il registro per i pensieri. «Sei stato e sarai sempre l'aquila più libera e fiera». Pagine e pagine di firme, dediche e pensieri che verranno poconsegnati ai familiari dopo il funerale che si svolgerà stasera a Neaples, in Florida. La celebrazione termina: si esce pian piano, si resta davanti alla chiesa, si condivide il dolore e ci si guarda. Gli occhi di ognuno sono gonfi di lacrime e di dolore. Perché - come diceva Lui - «di Lazio ci si ammala inguaribilmente».

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