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Addio al papà della Porsche più bella

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Era il nipote del capostipite. Diceva: «La funzionalità deve trasformarsi in estetica»

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Lastoria della casa automobilistica tedesca affonda le sue radici molto lontano nel tempo. Bisogna risalire al 1938, quando lo stesso Hitler, entusiasta del lavoro fatto con la prima «auto del popolo», il «maggiolino», chiese a Ferdinard Porsche la realizzazione di un modello un po' più sportivo. Papà Ferdinand e il figlio Ferdinand Anton, detto Ferry, si misero sotto e diedero alla luce la capostipite della famiglia: sua maestà la 356. L'auto manteneva invariata l'impostazione della Volkswagen, con motore 4 cilindri a sbalzo, montato posteriormente, ovviamente rielaborato e corretto, in chiave sportiva. La mistura alchemica funzionò alla grande, dando il via a un mito, che ancora calca le strade. Un mito cui ha contribuito seriamente anche Ferdinand Alexander, figlio di Ferry, che seguendo le orme di famiglia, nel 1962 divenne capo del Porsche Design Studio e l'anno successivo creò la 911. L'architettura telaistica restava sostanzialmente la stessa, con ponte rigido a barre sul posteriore (per gli ammortizzatori bisogna attendere la 964, prodotto dal 1989 al 1993). Il motore era un 6 cilindri boxer di 1991 cmc, alimentato da tre carburatori solex ed erogava 130 Cv. Una curiosità, l'auto avrebbe dovuto chiamrsi «901», ma tutte le cifre a 3 numeri, con lo «0» centrale, erano state registrate dalla Peugeot. Sostanzialmente, quello «0» faceva comodo, in quanto era un ottimo logo per alloggiare l'inserimento della manovella di avviamento. Il nome di Ferdinand Alexander Porsche è indelebilmente legato a quest'auto, che incarna l'anima stessa della sportiva senza tempo, ma ha messo le mani anche su molti altri progetti, tra cui: la Formula 1 «804», che vinse il Gp di Francia nel 1962, con lo statunitense Dan Gurney e la 904 Carrera GTS, tuttora considerata una delle auto da corsa più belle di sempre. La 904 era nata per la pista, ma godeva anche d'immatricolazione come berlinetta stradale e montava un boxer 8 cilindri di 2.0 litri, già capace di potenze che arrivavano oltre i 250 Cv. Ferdinand Alexander rimase interno all'azienda fino al 1972, anno in cui la Porsche acquisì la veste sociale a responsabilità limitata. Anche in seguito, restò attivamente inserito nel contesto societario, poi, dal 2005, cedette la poltrona al figlio Olier Porsche, mantenendo solo cariche onorarie. Il geniale creatore della 911, però, non se ne rimase con le mani in mano e, fin dal 1972, fondò a Stoccarda lo «Studio Porsche Design», che poi trasferì, nel 1974, a Zell am See in Austria. Da questo studio, negli anni successivi, presero vita un'infinità di progetti, anche non strettamente legati al mondo dell'auto, come orologi e elettrodomestici. «Il design deve essere funzionale e la funzionalità deve essere tradotta in estetica visiva, senza espedienti che necessitano di spiegazioni». Questo il credo di Ferdinand Alexander Porsche. Noi però lo ricordiamo per la sua 911 che, ancora oggi, fa battere il cuore a tutti.

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