Chinaglia Ciao Giorgione
Un infarto stronca a 65 anni l'attaccante del primo scudetto della Lazio Il mondo del calcio sotto choc. Il sindaco Alemanno: «Se ne va un gladiatore»
o.Perché «Long John» e i suoi compagni di quella straordinaria Lazio degli anni '70 avevano abituato tutti agli scherzi più strani, alcuni finiti anche in maniera tragica. Invece, con la conferma del figlio Anthony arrivata circa un'ora dopo la diffusione delle prime voci, si è scoperto che era tutto tremendamente vero. Inaspettato, tristissimo ma vero. Giorgio Chinaglia, tra i calciatori più rappresentativi del calcio italiano nonché mito assoluto dei tifosi della Lazio, non c'è più. Si è spento ieri in Florida, dove viveva da alcuni anni per sfuggire a due mandati di arresto della giustizia italiana per la brutta storia della scalata alla società biancoceleste nel 2006. Erano circa le 9.30 del mattino a Naples, nell'America occidentale, le 15.30 in Italia, quando il cuore di Long John ha smesso di battere. Gli ultimi giorni del numero 9 della Lazio di Maestrelli vengono ripercorsi proprio dal figlio: «Papà era stato operato una settimana fa dopo un attacco di cuore - svela Anthony - gli erano stati impiantati quattro stent (gabbiette cilindriche che vengono usate per tenere aperte le coronarie del cuore che si occludono, ndr) e l'operazione era andata bene. Era stato rimandato a casa dove sembrava essersi ripreso. Stamattina si era svegliato per prendere una medicina e si era rimesso a letto, poi sono andato a controllarlo e ho scoperto che non respirava più, ho provato a rianimarlo ma non c'è stato niente da fare». Giorgio Chinaglia aveva 65 anni, era nato a Carrara il 24 gennaio del 1947 e la sua morte è l'ennesimo tragico capitolo di una vera e propria maledizione che ha colpito quella Lazio bella, vincente e sfortunatissima. Nel corso degli anni se ne sono già andati l'allenatore Tommaso Maestrelli (stroncato da un tumore al fegato nel dicembre '76), il mediano Luciano Re Cecconi (ucciso nel 1977 da un colpo di pistola durante una finta rapina), il regista Mario Frustalupi (incidente stradale nell'aprile 1990), l'accompagnatore Gigi Bezzi (tumore nel 1984), il medico sociale Renato Ziaco (ancora tumore, un anno dopo) e lo storico consigliere spirituale padre Lisandrini (1985). A questa tragica mattanza si è aggiunto ieri l'uomo più rappresentativo dell'epopea biancoceleste, adorato dai laziali, temuto e odiato dai romanisti. Tanto che a poche ore dalla sua morte tantissimi tifosi della Lazio avevano sostituito la propria immagine del profilo Facebook con quella di «Giorgione». A dare per primo la notizia della scomparsa di Chinaglia è stato il dirigente del Milan Umberto Gandini, vecchio amico del calciatore, che ha «cinguettato su Twitter quando erano da poco passate le 17: «Ho appena saputo che un grande amico è scomparso prematuramente, il grande Giorgio Chinaglia. Riposa in pace, Campione!». Poco dopo, Gandini aggiungeva altri particolari: «Purtroppo non è un pesce d'aprile... Mi dispiace». Poi, intervistato da Radio 1 Rai, il suo ricordo: «Io volevo solo onorare Giorgio perchéal di là di tutto quello che è stato scritto e detto, fa parte di un pezzo di storia del calcio italiano ed anche di quello americano per quello che ha fatto con i Cosmos. Non me la sento di aggiungere molto, se non che era un carissimo amico che ho conosciuto negli Stati Uniti. Ero molto legato a lui per motivi personali». La notizia della morte di Chinaglia ha naturalmente suscitato la profonda commozione in tutto il mondo del calcio. A partire da chi, con la maglia della Lazio, aveva condiviso con l'attaccante le pagine più gloriose della sua carriera. Tra i primi a parlare c'è stato un commosso Giancarlo Oddi: «Ci sentivamo tutte le settimane - ha raccontato l'ex stopper - era molto rammaricato di non poter tornare in Italia per discolparsi. Ma se davvero aveva sbagliato l'ha fatto solo per amoer della Lazio e non come qualcuno diceva per i soldi. Ne aveva guadagnati tanti e ne ha sperperati altrettanti solo per generosità». «La cosa che mi dispiace di più - ha concluso Oddi - è non averlo potuto rivedere. Martedì ci eravamo sentiti e gli avevo detto: "Mica te ne andrai prima che ci rivediamo?". Purtroppo è successo proprio questo. Quando parliamo di Chinaglia parliamo di una gran brava persona: era un uomo generoso che io ho avuto la fortuna di conoscere. Per me era come un fratello. Chi non l'ha incontrato non sa cosa si è perso». Anche Giuseppe Papadopulo condivise con Giorgio Chinaglia la casacca biancoceleste per alcune stagioni: «È una perdita grande - sussurra l'allenatore - un ex compagno e un ex amico. Siamo arrivati insieme semisconosciuti alla Lazio e abbiamo portato quella maglia con molto orgoglio. Non ci dimentichiamo presto di lui, ha fatto grande il nome della squadra biancoceleste. Se devo pensare a un ricordo particolare mi viene in mente un suo pallonetto ai danni di Rivera, bandiera del calcio mondiale, che suscitò la rabbia dei milanisti». Ma Giorgio Chinaglia è stato anche un protagonista di prim'ordine in Nazionale. Tutti ricordano il «vaffa» a Valcareggi ai Mondiali '74, Fabio Capello rievoca un altro episodio: «Giorgione mi è rimasto vicino anche dopo che abbiamo smesso di giocare: per me era un amico vero. Il gol di Wembley che ci diede la prima storica vittoria in Inghilterra nacque da una sua fuga sulla destra, io misi la palla dentro ma a pensarci adesso non me ne frega proprio niente. Piuttosto il mio ricordo va alle telefonate che mi faceva negli ultimi tempi per intervistarmi, con me si è sempre comportato bene: perdo una persona cara». È stata poi la volta delle reazioni «istituzionali», a partire da Gianni Alemanno: «Per i tifosi della Lazio Chinaglia è stato più di un simbolo - ha detto il sindaco di Roma - una bandiera che ha trascinato un'intera generazione di tifosi e l'emblema del primo scudetto vinto nel 1974. È così che noi lo ricordiamo. Siamo a disposizione della famiglia per qualsiasi iniziativa volessero organizzare per ricordarlo». Sul tasto della generosità insiste Renata Polverini: «Con la scomparsa di Giorgio Chinaglia il calcio italiano perde un campione che è stato simbolo della Lazio e protagonista anche della Nazionale - dice il governatore del Lazio - di lui ricordiamo non solo le gesta sportive, ma la generosità che lo ha reso indimenticabile per tutti gli appassionati di calcio». Le ha fatto eco a pochi minuti di distanza il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti: «Se ne va una bandiera della Lazio e anche un pezzo di quel calcio romantico ed entusiasmante che negli anni settanta ha riempito la domenica di milioni di italiani. Long John è stato uno dei simboli della Lazio degli anni d'oro in grado di scrivere pagine indelebili dello sport». Oggi si dovrebbero conoscere la data e il luogo dei funerali. Di sicuro la tifoseria biancoceleste vorrà omaggiare in qualche modo il proprio campione. Appuntamento a Lazio-Napoli sabato sera. Una di quelle gare che «Long John» avrebbe voluto giocare a tutti i costi.