Crisi Il pallone si sgonfia
Il deficit della serie A è di 2,6 miliardi in più rispetto allo scorso anno Gnudi: «In altri ambiti con questi conti si parlerebbe di club vicini al fallimento»
L'attentaanalisi contenuta in «ReportCalcio2012» – indagine elaborata dal Centro Studi, Sviluppo e Iniziative speciali della Federcalcio con la collaborazione dell'Agenzia di Ricerche e Legislazione e PricewaterhouseCoopers – fotografa in modo impietoso e allarmante la crisi del calcio italiano. Per capirlo, basta scorrere qualche dato del rapporto, riferito alla stagione 2010-11: la perdita netta del sistema calcio cresce del 23,2 per cento rispetto all'anno precedente, passando da 347 a 428 milioni di euro; su 107 club professionistici esaminati, soltanto 19 hanno riportato un utile, comprese 6 società dell'attuale serie A (Napoli, Udinese, Lazio, Parma, Catania e Palermo); l'indebitamento complessivo del massimo campionato ammonta a 2,66 miliardi di euro, in aumento del 14 per cento; i ricavi medi delle società di serie A, infine, si attestano a quota 101.56 milioni di euro, meno 3,3 per cento rispetto alla stagione precedente. Numeri davvero poco incoraggianti, commentati con duro realismo dal ministro Piero Gnudi. «Il calcio è una realtà importante per l'Italia – ha osservato il titolare del dicastero per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, intervenuto alla presentazione del rapporto svoltasi nella sede romana dell'Abi – ma i bilanci dei club sono preoccupanti: se operassero in altri ambiti, le società calcistiche sarebbero prossime al fallimento». Situazione da allarme rosso, dunque. Ciò che più preoccupa Gnudi, del resto, è il futuro. «Tante volte – ha spiegato il ministro – si è parlato di un mondo vicino al fallimento e poi non è successo nulla. Oggi però la situazione è diversa: la crisi economica sarà abbastanza lunga e trovare mecenati disposti a mettere soldi nel calcio è difficile. Rischiamo di non avere società in grado di iscriversi ai campionati». Ma i dati negativi contenuti in «ReportCalcio2012» non finiscono qui. Il contributo del calcio al fisco, spiega il rapporto, si aggira attorno al miliardo di euro (l'85 per cento derivante dal contributo fiscale e previdenziale delle società professionistiche, il resto dal gettito garantito dalle scommesse), ma il problema stadi permane e incide in modo grave sull'intero movimento. Qualche numero? Nella stagione 2010-11 l'ammontare complessivo degli spettatori delle partite di serie A, serie B e Lega Pro ha registrato un calo del 4,4 per cento rispetto all'anno precedente (13 milioni e 375 mila persone in meno allo stadio). In serie A l'affluenza media negli impianti ha subito una diminuzione del 2,4 per cento, passando da 24.126 a 23.541 spettatori (in Europa siamo al 4° posto dietro Germania, Inghilterra e Spagna). I ricavi da stadio sono in deciso calo (meno 22.4 milioni di euro) e rappresentano appena il 10 per cento degli introiti totali dei club professionistici, mentre i diritti televisivi incidono per il 47,8 per cento (addirittura il 55,6 per cento in serie A) sui bilanci. Dati raccolti con preoccupazione dal presidente del Coni Giovanni Petrucci e dal numero uno della Federcalcio Giancarlo Abete. «Bisogna accelerare l'approvazione della legge sugli stadi – ha osservato Petrucci – ma anche le società devono muoversi. Ad eccezione della Juventus, vedo solo tanti splendidi progetti: se si potesse giocare nei plastici sarebbe fantastico, altro che Camp Nou o Bernabéu». «La legge è ferma nonostante l'impegno del ministro – ha aggiunto – speriamo nel sostegno delle istituzioni: l'Uefa ha riaperto le dichiarazioni d'interesse per Euro 2020, ma alle condizioni attuali non possiamo neppure giocare la partita». Dunque l'Italia, dopo le brucianti sconfitte delle candidature per le edizioni 2012 e 2016 e il prematuro ritiro dalla corsa per l'Olimpiade 2020, potrebbe davvero rilanciare la sfida per ospitare l'Europeo 2020? Leggendo il rapporto e ascoltando le parole di Gnudi, le priorità sembrano altre: «Bisogna riportare la gente allo stadio – ha spiegato il ministro – e al riguardo l'approvazione della legge potrebbe innescare un circolo virtuoso incoraggiando investimenti privati (800 milioni di euro secondo i calcoli del ministro, ndr). Di sicuro, bisogna superare il difficile momento economico».