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Le minestre riscaldate non portano risultati

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Certol'idea di riabbracciare Maurito Zarate può far aprire il cuore a chi non ha dimenticato le magie della sua stagione d'esordio, ma i pro a un suo eventuale ritorno in biancoceleste sono molti meno dei contro. Sembrava che a zavorrare il suo talento, quello con cui fece impazzire le difese avversarie nella sua prima annata romana, fosse solo l'intransigenza di Reja. Ed invece spostato alle latitudini milanesi Maurito è andato incontro ad una stagione fallimentare. Chissà, forse ora Stramaccioni ne tenterà il recupero, laddove sono falliti prima Gasperini e poi Ranieri. Tornare alla Lazio, perché? Zarate soffre a non essere coccolato e viene difficile pensare come saprebbe dividere il palcoscenico col teutonico Miro Klose. Uno che agli allenamenti arriva prima, finisce dopo e all'occorrenza si ferma a raccogliere i palloni per alleggerire il lavoro del magazziniere. Le sveglie di Klose suonano puntuali, quelle dell'argentino un po' meno. Tecnicamente si completerebbe di certo con il tedesco ma la sua anarchia tattica non ha trovato adeguati aggiustamenti neppure accanto alla folta pattuglia argentina dell'Inter che, si pensava, avrebbe potuto rimetterlo in riga. E poi c'è il Raton. Il temibile Sergio Zarate, capofila di una famiglia che sulla pelle di Maurito, sta costruendo il proprio futuro quasi fosse una pensione integrativa. Lui e la sua corte lo spedirono diciannovenne in Qatar ed oggi che, uscito Beppe Bozzo di scena, è tornato sulla chiglia di comando, eccolo ambigui lanciare messaggi d'amore alla piazza laziale. Maurito sembra oggi una stella spenta. E la Lazio, alla ricerca della spalla di Klose, ha bisogno di certezze. Non di una nuova scommessa.

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