Quante spine per Luis Enrique
Un'altra domenica col musone e i sogni richiusi nel cassetto. La Roma si allontana di nuovo dalla Champions League - Lazio a +7 e con lo scontro diretto a favore - e deve guardarsi le spalle se vuole difendere almeno il sesto posto buono per l'Europa League. Il tredicesimo ko stagionale incassato a San Siro riporta a galla i vecchi problemi e semina altre minacciose spine a Trigoria. Una su tutte: il momento «no» di Francesco Totti. Quell'inopportuno cucchiaio tentato a Milano ha riacceso il dibattito attorno al giocatore più «pesante» della squadra. Al di là delle lotte tra pro e anti-tottiani a colpi di cinguettii, post e sfoghi radiofonici, merita una riflessione il modo in cui Luis Enrique lo sta gestendo. Giusto farlo giocare sempre, anche quando la sua condizione lascia a desiderare? La teoria del «va in campo chi sta meglio» vale pure per lui? A quanto pare no, vista la spiegazione dell'episodio di San Siro: Totti ha preferito il cucchiaio a un tiro secco perché il recente infortunio muscolare gli impediva di caricare il peso sulla gamba sinistra. Il flessore gli dà ancora noia e non si esclude un nuovo stop. Intanto il tecnico spagnolo non riesce a gestire la situazione come vorrebbe, scottato dalla contestazione (e la sconfitta) scaturita dalla sostituzione con lo Slovan : in quel momento ha capito che la Roma non sa stare senza Totti. Un limite enorme di una squadra che sta usando il capitano come un parafulmine. Ci rimette lo stesso Totti, troppo distante dalla porta, a secco di gol da due mesi e per questo poco sereno. Non se la passa meglio De Rossi. Da diverse settimane non sembra più lui:superata la questione-contratto è arrivato lo screzio con Luis Enrique a Bergamo e una serie di problemi fisici. Il centrocampista convive con una pubalgia latente, un tallone infiammato e un affaticamento muscolare che lo costringe a saltare gli allenamenti nei dopo le partite. Ma non può fermarsi. Causa emergenza in difesa, un turno di riposo è impossibile anche per lo stralunato Kjaer. Il danese è tornato sul banco degli imputati per l'ennesimo errore e persino Sabatini, che a breve deve decidere se riscattarlo dal Wolfsburg, sembra non credere più in lui. Il ds ha annunciato un mercato all'insegna della qualità. Giusto, perché la Roma ha bisogno di altri tre-quattro pezzi importanti per lottare con le grandi. I risultati dicono che ora non sa farlo: appena nove i punti raccolti in dieci partite giocate nel mini-campionato tra le prime sette in classifica, nessuno ha fatto peggio. Un problema di personalità, lo stesso che affossa la squadra nei secondi tempi, lo stesso che condiziona Bojan, il giocatore-simbolo di una Roma dal potenziale altissimo ma ancora troppo bambina per giocare con gli adulti.